Regia di Jean-Pierre Jeunet vedi scheda film
La rivincita dei looser. I reietti della società di Jeunet, uomini e donne in fuga da un mondo che non li vuole, sono esseri sognati e ingegnosi di felliniana memoria. Il loro rifugio, edificato in una discarica, è un bunker accogliente disegnato da Tim Burton e lì nascono automi che paiono progettati da Terry Gilliam. C'è tanto cinema nella pellicola di Jeunet, esplicito nella sequenza del Grande sonno di Hawks o sotterraneo nelle strizzate d'occhio a Chaplin e Capra. Ma se nei film del vecchio siciliano la riscossa di un qualunque Mr. Smith partiva da una dignitosa middle-class, nella pellicola di Jeuet l’attacco al capitale malato e disumanizzante non può essere portato da una società ormai opulenta e menefreghista, ma da una banda di clochard. Intorno a Bazil, segnato negli affetti e nel corpo da caricaturali mercanti di morte, giostrano personaggi che fanno della propria diversità un’arma per costruire un favoloso mondo in cui rifugiarsi. I colori su cui vira Jeunet sono gli stessi di Amélie Poulain ma questa pellicola è pervasa da una malinconia di fondo per un mondo (o un cinema?) ingegnoso e mirabolante che ormai troviamo negli occhi di pochi. Jeunet confeziona una fiaba spassosa e amara nonostante il lieto fine, perché lo spettatore è ben conscio che quello è l’epilogo che si può vedere soltanto in un film.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta