Regia di John Sayles vedi scheda film
Matewan descrive un contesto destinato allo scontro inevitabile. La violenza è qualcosa di insito nella cultura americana e per quanto ci si possa sforzare nel mettere insieme alla lotta sindacale bianchi, neri e italiani per sradicare la piaga dei crumiri in maniera pacifica, tutto il contesto fatto di piccole grandi provocazioni non può che portare allo scontro.
Sayles dimostra ancora una volta di essere un narratore con i fiocchi, oltre a rappresentare quei casi di registi sottovalutati dal pubblico. In un graduale crescendo, con una sceneggiatura solida che tiene salda la coralità del racconto. Ben caratterizzati i personaggi, interpretati da attori all'epoca poco conosciuti (Cooper, Straham) e più in vista presso il pubblico (James Earl Jones), ma tra cui spicca quello del predicatore/ragazzo.
Predicatore e minatore a 15 anni, portatore della parola di Dio, con forti risvolti sociali, ma la cui indole pacifica (rappresentata invece dal personaggio di Cooper), viene sostenuta gradualmente dalle armi. Bravissimo Sayles a miscelare con equlibrio i diversi elementi presenti, dal contesto sociale misero dei minatori, derelitti vicini alla schiavitù legalizzata all'interno di una cornice quasi da film western dove la legge è lontana e la voce delle armi sembra l'unico strumento per risolvere le dispute. Un finale che rifugge la spettacolarità gratuita, lasciando un boccone amaro da digerire.
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