Regia di Georges Franju vedi scheda film
L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’ESSERE
I confini di Parigi; Atget, Prevert, Utrillo e Le douanier Rousseau si danno la mano. È l’alba, pochi i passanti, le ciminiere parlano di attività umane. Più vicino; edifici solidi simili a carceri, a chiese, fabbriche di carne. Più dentro; lo stupore del cavallo che dell’uomo aveva imparato a fidarsi, l’occhio dilatato del vitello che ha fiutato la morte, fiumi di sangue. Tutto questo è per mangiare, per far mangiare gli altri. Ma quanto l’indifferenza del macellaio assuefatto al dolore dell’animale è simile a quella del boia, del criminale di guerra, dell'aguzzino? Fino a che punto tutto questo non ci riguarda?. Il film è intollerabile non solo, o non tanto, per gli orrori che mostra ma perché invece di offrirsi e offrirci la scappatoia dell’indignazione, della denuncia ci mette davanti a uno specchio.
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