Regia di Georges Franju vedi scheda film
Un bianco e nero estremamente crudo, in cui il bianco è carne, ed il nero è sangue. Il mattatoio è il luogo simbolo del naturalismo: in questa officina di morte, il lavoratore, ridotto ad un meccanismo di muscoli e attrezzi, è un po’ macchina, un po’ animale. Della prima ha la freddezza e l’efficienza nell’uccidere e squartare, del secondo la consistenza umida e molle, fatta di viscere e sudore, che si mischiano ai liquami e alle frattaglie, ed in parte, tra fatica, dolori e ferite, ne condividono il cruento destino. I corpi e i movimenti di uomini e bestie si intrecciano, e ai decisi gesti degli operai corrispondono i violenti riflessi delle carcasse, ancora palpitanti di un’ultima parvenza di vita; i confini tra le specie si fanno fluttuanti ed evanescenti, come il limite tra la vita e la morte, in una catena alimentare ridotta a processo industriale.
Con questa coraggiosa opera documentaria, Franju si tuffa nella marginalità lasciandosi imbrattare dai detriti dell’esistenza umana: le scorie maleodoranti della macellazione ci ricordano, in fondo, come nasce la ricchezza materiale, il cui parto, troppo spesso, tra guerre, sfruttamento, ruberie e corruzione, è uno spettacolo sporco e osceno.
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