Regia di Ishirô Honda vedi scheda film
In questo film Honda lascia scivolare in secondo piano i suoi incubi nucleari per sfornare un horror classicheggiante, pedantemente conforme ai canoni del genere: dal naufragio sull'isola deserta, al relitto abbandonato, ai mostri che si aggirano di notte per i corridoi. La storia procede lenta, ed il ritmo dilatato, anziché far accumulare la tensione, si incanta sulla fase dell'attesa, in una premessa infinita e sproporzionata che non trova sbocchi, ma neanche li invoca, impegnata com'è a dibattersi in un realismo psicologico fine a se stesso. E, dopo aver tanto aspettato, nel finale si scopre che il gioco non valeva la candela. Inquietante è l'interrogativo, cui si accenna nel prologo e nell'epilogo, circa la natura della follia e la possibilità che ne esistano vari tipi, di cui alcuni preferibili ad altri. Se, però, questo voleva essere il motivo ispiratore del film, e se l'allucinante avventura narrata doveva essere letta in chiave allegorica, allora è proprio il caso di dire che Honda, come lo yacht del film, è finito fatalmente fuori rotta. Una trama originale ed uno spunto visionario sacrificati ad un tecnicismo narrativo di maniera.
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