Regia di Tonino De Bernardi vedi scheda film
La figura femminile, nel cinema di Tonino De Bernardi, è il fulcro della passione e della fantasia, ma anche un punto fermo e vitale nella tetra agonia del mondo. La donna è la roccia nella corrente, l’emblema della solitudine e della forza, che si oppone alla cieca banalità dell’esistenza conservando in sé il coraggio di andare avanti, reinventandosi il tempo istante per istante. Il canto, la danza, la recita di una muta seduzione o l’espressione di un amore intenso e paziente sono i ruoli che il regista affida alle sue muse: amiche, conoscenti, figlie, nipoti, tutte piccole o grandi dee a cui chiede solo di sostenere, con la loro venerabilità, l’impianto di un mondo svuotato di senso e coerenza. A queste indispensabili salvatrici dell’umanità non può assegnare un destino tragico, o una parte criminale: e quindi Medea non è più né una vittima, né un’assassina, ma solo una creatura che dalla sofferenza trae lo spunto per cambiare vita e diventare migliore. La catarsi non è operata dalla morte, né dal declino, né dalla fuga, ma solo da un temporaneo male di vivere che la poesia riesce miracolosamente a sanare. La vittoria dei poteri soprannaturali sulle avversità terrene, e la pratica della magia che Medea, nonostante tutto, non riesce del tutto a rinnegare, sono le prove del carattere essenzialmente spirituale dell’universo femminile, che con l’eleganza, la bellezza e la fecondità irradia il cosmo di luminosa speranza e di tenace positività. La sua battaglia è combattuta con l’anima, e con l’anima è vinta (la rinuncia alla vendetta e la redenzione) oppure persa (la deriva nella follia). Questa lotta è indifferente ai vizi del corpo (la prostituzione, la promiscuità sessuale) ed alle sue trasformazioni (la gravidanza, la malattia): questi sono segni fisici che, al contrario, vengono indossati con fierezza, a testimoniare una dignità uscita intatta dalle vicissitudini di una condizione socialmente e biologicamente svantaggiata. Médée miracle unisce la trasparenza della nouvelle vague e l’autenticità del racconto diaristico con la discreta grazia della confessione a fior di labbra; e la voce della protagonista è dotata della profondità di un’introspezione che guarda lontano, verso quel doppiofondo narrativo che, nel cinema di De Bernardi, è l’altrove dove si perdono le radici dell’uomo e i traguardi del suo incessante cammino.
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