Regia di Sebastian Junger, Tim Hetherington vedi scheda film
Un anno in Afghanistan, nella zona peggiore, dove i talebani hanno sempre dettato legge. Un documentario che segue la vita nell'avamposto Restrepo, dal nome di un medico dell'esercito che era stato ucciso all'inizio delle operazioni. Riprese "gonzo" alternate a interviste in studio, il valore del cortometraggio è puramente e solamente informativo, ci si rende conto di come fosse la vita dei soldati americani che avevano a che fare con un ambiente e una popolazione ostile. In realtà, dal documentario si possono trarre altri insegnamenti, il primo tra i quali è che la guerra, in questi casi, è assolutamente inutile. I soldati americani sono bambinoni catapultati in un mondo agli antipodi rispetto a quello al quale sono abituati, dove la vita è durissima e dove non hanno alcuna speranza di capire e farsi capire dalla popolazione locale, ma continuano a fare i bambinoni. E' inutile, le lezioni che impartisce la Storia non vengono mai ascoltate, il Vietnam non ha insegnato nulla, ci sono ricascati. Gli americani sono arrivati nella valle di Korengal, hanno avuto cinquanta morti, e poi se ne sono andati. Tutto come prima. Ma cinquanta vite spezzate, oltre a quelle imprecisate degli afghani. Per niente. Le malattie si possono esportare, la democrazia no.
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