Regia di Debra Granik vedi scheda film
* * * ¾
True Grit.
Breaking Good.
" Non si può essere seri a 17 anni ".
... Arthur Rimbaud ... Léo Ferré ... Têtes de Bois ...
" Per coprire le case e le pietre di verde,
sì che il cielo abbia un senso,
bisogna affondare dentro il buio radici ben nere ".
Cesare Pavese, da " Paesaggio ", in " Lavorare Stanca ".
Ree, 17 anni, ha un fratellino più piccolo ed una sorellina ancor più piccola da tirar su da sola dato che la loro madre è anestetizzata dalle benzodiazepine e da una Carpenteriana ( In the Mouth - Mount of MadNess ) impossibilità a sfuggire da quel posto ed il padre come suo solito è sparito nascosto e/o in fuga da produttori concorrenti di metanfetamine, creditori, sbirri, fantasmi alcolici eccetera eccetera.
Ecco che il padre, e qui il film inizia, non come suo solito ma con uno scatto ulteriore di egoistica disperazione e attitudine a sopravvivere non bastante a se stessa, impegna la loro casa ed i terreni boscosi come cauzione e per delle spese legali che non lo vedono però riscattarle dato che ammanettato e alla sbarra non si presenta e mai lo vedremo, ammanettato...ma a braccia libere si, come una Dama del Lago in Excalibur - bag of "lovely" bones, che porge se stesso in dono salvifico per il principio d'Archimede...
Ci sono casi e casi ed altri casi e casi ancora...in questo caso mi tocca dire purtroppo ho visto il film dopo aver letto il romanzo : purtroppo perché così il film mi sembra, m'appare, mi si presenta come un buon film che non ha null'altro da dire oltre quello che si vede - ed è già tanto - ma quello che dice lo dice bene e senza fronzoli o scorciatoie. Chissà, magari se non avessi letto prima il romanzo...il film mi avrebbe detto di più. E non è sempre così, intendiamoci...
[ facendo solo l'esempio supremo di Kubrick ( ma pure del Welles di Touch of Evil, del Tarkovski di Solaris e Stalker, o dei Coen di NoCountryForOldMen e del DePalma di Black Dahlia...) :
- Lolita parte da una sceneggiatura di Nabokov tratta da un romanzo di Nabokov, salvo poi accantonare la sceneggiatura e ributtarsi sul romanzo con alcune invenzioni a dir poco folli ( la gag del lettino che non si apre, quasi in zona screwball/slapstick : " It Happened One Night " di Frank Capra )
- the Shining stravolge ( per fortuna ! Checché ne dica Stephen King, ottimo romanziere d'alti e bassi i cui alti sfiorano le capacità di un P.Roth, M.Amis, C.McCarthy, J.C.Oates, P.Auster, I.McEwan, A.Munro, D.DeLillo, J.Franzen, J.Egan, W.T.Vollman, R.Powers, R.Bolaño, M.Houellebecq, P.Everett, M.Ruff, P.Fox, D.Peace, D.F.Wallace...) il romanzo di King sia tecnicamente ( l'incendio catartico della caldaia - pancia dell'OverLook Hotel della pagina scritta diventa il labirinto - cervello raggelato della celluloide filmata ) che Significativamente ]
...che spesso e volentieri il film sovrascrive e devia il romanzo di partenza - " Tradendolo " - verso altre ulteriori interpretazioni, traducendone lo spirito e mantenendone la forza direzionale ( i dialoghi pedissequamente tratti pari pari - riscritti un poco da Cronenberg - dal romanzo di DeLillo assieme a certe svolte narrative completamente differenti per Cosmopolis ) : qui no, Debra Granik lo mette '' semplicemente '' in scena ( un po' come ha fatto John Hillcoat col " the Road " di C. McCarthy, in quel caso con qualche aggiunta spuria in più...).
Bisognerebbe assistere e considerare e pensare ad un film senza lasciarsi condizionare dal percorso del suo autore... In questo caso voglio solo dire che il lavoro di Regia di Debra Granik non l'ho ancora inquadrato ( ha diretto credo solo due lungometraggi - opere maggiori delle quali questa è l'unica che ho visto ) e l'aspetto a prove future...prove che cercherò di lasciare fuori dal mio giudizio su Questo film che nella sua asciuttezza compositiva e linearità accumulante narrativa non mi è dispiaciuto affatto, anzi. Persino la scena così accomodante all'ufficio di reclutamento mi sembra ( pur se non coincidente del tutto con il suo 'senso' nel romanzo ) onesta ( se vista in prospettiva appaiata poi con quella della marcia d'addestramento del corso scolastico pre-militare nella palestra del liceo...''oltre'' Elephant...).
Di certo, questo procedere di pari passo deciso e sicuro agganciato al romanzo è già una Decisione Estetica per certi versi coraggiosa e forse giusta e magari la migliore fra le possibili, sicuro è che la fotografia di Michael McDonough in molte scene ti spezza il cuore che tutto quel freddo era riuscito a far evaporare, sublimare, condensare e bere : quelle badlands redneck white trash degli Ozark Mountains ( ancor più lower - not working class degli Appalachi ) quanto mi hanno ricordato le mie ValSessera, Insubria Briantea, ValSeriana e Brembana...
Grande, immenso John Hawkes, vera e propria presenza morale oltre il personaggio-l'attore-l'uomo : autentica presenza morale, e basta, come Sam Shephard per Wim Wenders ( " Paris, Texas " e " Don't Come Knocking " ) e Terrence Malick ( " Days of Heaven " ) o Sam Elliott per i Coen ( " the Big Lebowski " ) e Peter Bogdanovich ( " the Mask " ).
Menzione speciale per Sheryl Lee : Laura Palmer è sfuggita al suo personale infinito " Bob " e dopo una parentesi ancora Carpenteriana, culo all'aria da sacrificio umano in " Vampires ", eccola qui allo sprofondo a gambe ben piantate.
E una nota di supporto anche per i poveri ScoiRattoli...simpatici topi d'albero ( non i tamia di cip&ciop ma grossi roditori con la folta coda a ricciolo di question mark ) scuoiati ed arrostiti.
Sul romanzo
* * * * ½
Winter's Bone, Daniel Woodrell, 2006
( Fanucci, 2007, trad. Daniela Middioni, che mantiene il non compiacimento del linguaggio, una grammatica di frasi dal periodare non esteso ( non Ellroyana ma situata a metà strada fra quella dell'autore di " My Dark Places " e Jim Thompson - C.McCarthy ) ma funzionale al qui ed ora in accadimento ).
L'estetica della miseria è altrove.
La familiarità con l'abisso s'ode nella quotidianità di fame, freddo e botte, terrore e dispersa speranza spezzata, alcool, metanfetamine, benzodiazepine, menar ed allungar di mani, a stretto contatto con rade e sparse persone che si sono dimenticate d'esser state dimenticate da dio in un esperimento che non produce penicillina ma tal quale pronto ad esser sparso nei trogoli.
Woodrell rievoca per contatto diretto
- per quanto sia possibile restituirne l'incrostazione di verità sul 'mito', sulla diceria, sullo stornare lo sguardo fuori-al di là delle rotte prestabilite al suono sirenico di banjo ben accordati -
un mondo accanto restituendoci la lacerazione costante di un orrore quotidiano che s'è fatto solito consolidandosi a routine automatica d'orizzonti a portata di scacciacani.
La forza dell'impresa è lasciata al disincanto dell'impresa a compiersi.
Senza una Human Stain che possa rimanere impressa in un adesso compromesso
( giusto impronte digitali - con la controprova del doppione che non può essersi mozzato da solo o con l'aiuto di un arto fantasma - a testimoniare una vita che più non vive m'ancora può agire, latente )
abitato da folli reietti normalizzati dal territorio, dalla zona, dal clima, dal clan, dalle famiglie, da interventi-presenza-collu/isione statale, in un magma epigenetico ossimoricamente consolidato e monolitico, paradossalmente funzionale in-contro all'individuo, com'è ovunqu'e sempre, del resto, ma del resto non si parla ora, che qui si tratta di noi : parenti, non amici.
Inframmezzando il tutto col tenero, splendido, vissuto e scelto(si) rapporto di amicizia e d'affetto tra Ree e Gail ( interpretata da una magnetica Lauren Sweetser ) : il letto, il fuoco, il laghetto ghiacciato, la Situazione condivisa.
Dickens e Twain frullati Heart of Darkness, il Faulkner di Santuario e lo Zola dell'Assomoir, un TideLand senza via di fuga su roulotte palafittate : la Gold Rush della not working white trash class nelle bad lands hills : coke rush.
Freddoghiaccionevepioggiagelo, solitudin'e vento, vestiti pesanti strato su strato su...no, basta, calzettoni, scarponcini e cappotti lisi sia dentro che fuori che la pelle sembra voler toccare con mano il calore che manc'al mondo.
I bagni gelati e i fuochi di ricordi e cianfrusaglie.
E Cesare Pavese, in esergo : Ricostruire, Dimenticare, Continuare : " per coprire le case e le pietre di verde / sì che il cielo abbia un senso / bisogna affondare dentro il buio radici ben nere " : Crescere, Sopravvivere : su quel poco di substrato sociale rimasto, non dilavato da ere di nient'altro che inconsistente passaggio e retaggio di sussistenza
( l'eccezioni di qualche lacrima non pianta e trattenuta per tempi migliori,
di due bambini ancora sulla via della normalità, della possibilità, della felicità ( la felicità è di chi non gestisce il mondo ),
di un'amante maestrina, di un'amica-sorella-madre )
e ripiego nel degrado di un paesaggio compresso e schiacciato su di un orizzonte monco.
In casa di April ( nel film Sheryl Lee ), la giovane insegnante hippy ex alcolizzata amante del padre di Ree, Jessup, la casa più accogliente in cui avesse mai messo piede ( nel film c'è un momento, lo si percepisce, in cui questa presa di coscienza sale al volto di Ree, una brava Jennifer Lawrence ), ogni cosa al posto giusto e regnante la pulizia, che dice a Ree, mentre il piccolo Ned gorgoglia in braccio a sua madre Gail : " Fingendo di non conoscermi [ Jessup ( sue le winter's bones, ancora non spolpate, anzi dal freddo e dall'ambiente anaerobico e ricco di tannini ben mantenute cicciose ) ] stava cercando di proteggermi. In quel momento ho intuito che tuo padre mi amava. L'ho capito dal modo in cui ha distolto lo sguardo ".
" Quando [ Ree ] trascorreva le sere insieme a Gail, le sembrava di realizzare uno dei desideri che popolavano i suoi sogni : condividere anche la più banale quotidianità con una persona che occupava un posto importante nel proprio cuore [ nel film : " Tu sei esattamente quella che ho sempre pensato che fossi, tesoro " ]. /// Si mise a pensare all'Infinità del Tempo e a quanto sarebbe stata oscura e desolata. Nel suo cuore c'era uno spazio ben più grande. /// Il primo bacio Ree non l'aveva dato a un ragazzo, ma a Gail travestita da uomo ".
" Con un tronco solo il fuoco si spegne ".
Zio Lacrima - Uncle TearDrop [ nel film John Hawkes ] : " La nostra è una famiglia di antica tradizione, e le usanze che abbiamo sono nate molto prima che nostro signore Gesù Cristo rigurgitasse latte e cacasse merda gialla. Capito ? Ma forse qualcosa cambierà. Col tempo. La gente s'è resa conto che hai fegato, ragazzina ". True Grit.
Tra l'assideramento ipossico in una tomba liquida ed il risplendere del ghiaccio, tra il fiutare nell'aria l'arrivo della pioggia ed il vedere la carne. Una macchina, un ponte tra i mondi, un lavoro, un legame, un sostentamento, una possibilità. Dopo una scelta univoca tra il tentare rischiando la vita ed il solo morire provando a sopravvivere, ecco l'occasione, mentre un ennesimo addio compie vendetta [ anche in questo caso, per un attimo, nel film, lo scambio di sguardi finale tra Ree e Teardrop riesce a dirci che i due forse non si rivedranno più, l'uomo incontro al suo destino imminente e la ragazzina con tutto il futuro davanti ]. E le lacrime avranno il loro tempo per scorrere in climi e corpi più miti : lettori, spettatori, cori muti.
La loro vita prima, la mitologia di Ree verso la sua infanzia, la sofferenza rurale nelle basseterre collinari in disfacimento deforestante sopportata come naturale normalità, con la noncuranza famigliare che ha una famiglia nell'esistere, comunque.
La loro vita prima, con il padre non certo al fianco ma presente presenza, in spola tra polizia e raffinatori-spacciatori-consumatori. La loro vita d'estate...magari direttamente in pasto ai porci, allora, invece di una preventivante frettolosa ponderata temporanea tomba ghiacciata.
Ma le impronte - e sono le proprie, gettate e proiettate con un gesto mentale in avanti, che restano 'solo' da Percorrere - si riescono a leggere, sulla neve, nel fango, nella terra smossa coperta di foglie e d'aghi, e il futuro, magari, a conquistare.
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