Regia di Debra Granik vedi scheda film
Missouri (o giù di lì), profondissima provincia americana: lo spacciatore Jessop esce di prigione su cauzione e scompare, lasciando nei guai la famiglia. Per non perdere la casa, la figlia diciassettenne deve assolutamente ritrovare il padre... o quantomeno ciò che ne rimane. Se in Italia Cristo si è fermato ad Eboli, probabilmente in America non è andato oltre l'Illinois: "Un gelido inverno" è la classica pellicola abilmente studiata per colpire duro allo stomaco dello spettatore, con una vicenda violenta e disperata di povertà ed abiezione, ancora più ricattatoria, in quanto ha per protagonista una ragazzina priva di punti di riferimento genitoriali. Il film è un adattamento (a cura della stessa regista Debra Granik) di un romanzo di Daniel Woodrell, che, da quello che leggo in giro, sarebbe un piccolo capolavoro: non lo metto in dubbio, peccato solo che, come ho già sostenuto in altri casi, letteratura e cinema siano forme espressive totalmente differenti e quello che funziona in un caso non necessariamente funziona nell'altro. Un film non può, come un romanzo, nutrirsi di parole e basarsi su una metabolizzazione lenta e ponderata dei suoi contenuti: un film ha assoluto bisogno di una storia da raccontare, tradurre in immagini e condensare in un'oretta e mezza, cosa che, mi duole dirlo, non si verifica in "Un gelido inverno", nel quale, fondamentalmente, non succede nulla per tutta la durata della pellicola e anche quel pochissimo che accade lo fa con una lentezza a dir poco esasperante. E allora cosa diavolo resta? Un'atmosfera suggestiva (e raggelante, giusto per restare in tema), la bella prova della protagonista Jennifer Lawrence e, ancor più, del sempre bravo John Hawkes e pochissimo altro. Anche la pretesa di realismo di "Un gelido inverno" mi sembra, per l'appunto, solo una pretesa, indimostrata e indimostrabile: è davvero così brutta, sporca e cattiva la profonda provincia americana, così come ce la racconta Debra Granik, originaria del lindo e pinto New England e laureata in cinema all'Università di New York (non certo una "Pink-Collar" del Missouri)? Sarà... a me le cattiverie, le abiezioni e i personaggi di "Winter's Bone" sanno tanto di forzatura e facile sensazionalismo e, sinceramente, mi sono davvero stancato del cinema indipendente americano che furbescamente colpisce duro allo stomaco, utilizzando i luoghi comuni di un'America "alternativa" che, ormai lo si è capito, vende bene, almeno quanto le più stereotipate cartoline di New York. Boh... magari mi sbaglio e Debra Granik è un'appassionata e sincera autrice che ci regalerà capolavori a tamburo battente... ma, in tutta franchezza, ne dubito fortemente. Per quanto mi riguarda, "Un gelido inverno" è un'opera furba e parecchio sopravvalutata: voto mediocre.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta