Regia di Debra Granik vedi scheda film
Se tagli gli alberi, togli la ‘strada’ agli scoiattoli, ma anche la casa agli uccelli. L’ossigeno alle persone. Ed anche durante un inverno gelido, l’aria può venire a mancare. Lo sa bene la regista americana, Debra Granik, al suo secondo lungometraggio, adattamento dell’omonimo romanzo di Daniel Woodrell, candidato a 4 Oscar (il primo film fu premiato al Sundance come miglior regia), ambientato nel sottobosco di una piccola comunità, una casa, un terreno, cani, gatti e cavallo. Comunità caratterizzata soprattutto dalla complicità dei suoi pochi abitanti. In essa vive la diciassettenne Ree Dolly, ch’é alla ricerca di suo padre, scomparso nel nulla, dopo aver impegnato la casa di famiglia per pagarsi la cauzione ed uscire di prigione. Se l'uomo non si presenterà al più presto in tribunale, la casa verrà confiscata. Ree, posta di fronte al rischio di ritrovarsi tra i boschi dell'altopiano di Ozark senza un tetto, sfida l'omertà della gente e mette a repentaglio la propria vita, per salvare la famiglia, senza accettare le bugie, i sotterfugi e le minacce dei suoi parenti, fino a scoprire la verità.
Sarà pesante il peso che la piccola donna dovrà sopportare, tuttavia lei stessa dirà ai suoi fratelli che “senza il peso di voi due sulle spalle mi sentirei persa”. Perché nella provincia del Missouri non è solo l’inverno rigido, ma anche la gente che vi abita, dedita per lo più alla caccia. Quindi armata, solidale, ma anche soggetta ad una violenta legge tribale. Qui la natura e l’umanità vivono di leggi ferree, che possono prevedere anche scuoiamenti di scoiattoli, un pestaggio al femminile, il recupero di un cadavere da stomaci forti, ecc. E’ quasi vietato chiedersi il perché delle cose (“Non chiedere mai quello che ti dovrebbe essere offerto”), anche fra parenti e conoscenti vi è il vincolo di un inflessibile codice del silenzio. Nel frattempo, c’è Natura che dispensa sopravvivenza.
Debra Granik dirige in modo magistrale questo inquietante dramma, che ricorda il recentissimo The Road, con uno stile registico asciutto e raffinato, lavorando per sottrazione. Intorno, un freddo intenso e i paesaggi tipicamente western. L’eroina che fra questi si aggira, fra l’altro minorenne, avrà l’arduo compito di sfidare il mondo arcaico, retto da uomini. Fra malinconiche ballate country,
la bravissima Jennifer Lawrence, si presterà alla fragilità e alla durezza, dovendo fungere anche da guida ad altri, i suoi due fratellini, come colei che deve tramandargli l’arte della sopravvivenza. Un film che racconta l’oggi, e l’inquietudine che prende tutti, ogni qualvolta che si aspetta quell’ospite, che, guarda caso, secondo Heidegger, Nietzsche chiamava “il più inquietante fra tutti gli ospiti”. Si trattava del nichilismo. Di cui Un gelido inverno è un ottimo manifesto.
Giancarlo Visitilli
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