Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Due sedicenni milanesi hanno deciso di sposarsi. La famiglia ultraborghese di lui (Biancuzzi) organizza un pranzo per conoscere i familiari di lei (Croci), degli ex fricchettoni sui generis. Alla cena partecipa anche uno sceneggiatore (De Luigi) che ha investito la padrona di casa (Buy). Amore (quello che si conclude paradossalmente proprio con la cena ma anche quello tra lo sceneggiatore e la figlia di primo letto del padrone di casa) e morte (di quest'ultimo, che ha serenamente accettato la diagnosi di un tumore, "maligno, naturalmente") si intrecceranno in un clima che lascerà maturare nuove amicizie.
Uno dei migliori Salvatores di sempre - se non il migliore - imbastisce una commedia inusuale costruita come un metaracconto: in un impeto pirandelliano, lo sceneggiatore vede animarsi i personaggi dal suo computer, improvvisa finali aperti, si infiltra nella storia e fa parlare i protagonisti in macchina. Su tutto aleggia un'aria molto divertita e colorata (con un bell'omaggio a una Milano notturna su musiche di Chopin che danno il cambio a quelle di Simon e Garfunkel) e la vera Happy family sembra essere quella che il regista - a vent'anni di distanza da Marrakesh express e Turné - raccoglie intorno a sé, con un Abatantuono che manda a segno ogni battuta e un Bentivoglio strabiliante che recita in maniera sempre più scarnificata, quasi zen. Come divertire in maniera intelligente senza dire (quasi) nulla e strizzando un occhio al Woody Allen di Basta che funzioni e l'altro a Wes Anderson.
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