Regia di Antonio Campos vedi scheda film
Afterschool è un film a mio parere riuscito. Ricorda, per certi aspetti, l'ottimo Elephant di Gus Van Sant e per altri alcuni esperimenti europei, come i primi film di Haneke, ma vuole inoltre svolgere un discorso sia sul mestiere di chi tiene in mano una telecamera, per lavoro o meno, sia anche sulla difficoltà per i giovani di crescere e sulla responsabilità che su questo processo di formazione delle coscienze hanno gli adulti e l'istituzione scolastica in particolare.
Il protagonista si sente responsabile per quanto è successo nella sua scuola, mentre stava girando con una telecamera delle immagini nei corridoi, in un episodio tragico i cui reali contorni resteranno oscuri ed ambigui. Ma soprattutto il ragazzo subisce ripetuti tradimenti, da parte del suo primo amore, del suo migliore amico e dall'apparentemente fidato psicologo della scuola, fino a subire i rimbrotti dell'ipocrita preside, nonché la censura sul suo film, realizzato per raccontare e ricordare il tragico episodio accaduto all'interno delle mura scolastiche. Mentre il film di Antonio Campos è lodevolmente privo o quasi di accompagnamento musicale, il filmino del protagonista, riveduto e corrotto dal preside, è infarcito di musiche retoriche ed enfatiche, e perfino i commenti dei ragazzi vengono cambiati, grazie ad un montaggio falsificante, in risaputi luoghi comuni dell'elogio funebre ("non vi dimenticheremo mai... sarete sempre nei nostri cuori...").
Afterschool (forse anche al di là delle proprie intenzioni) getta un'ombra pesante sull'istituzione scolastica americana (noi tacciamo sulla nostra per carità di patria) e sulla classe dirigente che vi viene forgiata.
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