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The Killer Inside Me

Regia di Michael Winterbottom vedi scheda film

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Marcello del Campo

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La recensione su The Killer Inside Me

di Marcello del Campo
4 stelle

Winterbottom ci consegna un film opaco, noioso, ripetitivo, inutilmente minimale, senza un solo momento, non dico memorabile, ma di buon cinema. La scelta di affidare a Casey Affleck il ruolo di Lou Ford non paga, il fratello di Ben non può sostenere una parte difficile facendo ricorso all’inespressività facciale.

CON UNA NOTA SU JIM THOMPSON 

 

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Jim Thompson

 

Un colpo al cerchio e uno alla botte – è la filosofia che sostiene il cinema di Michael Winterbottom, dove il cerchio è la semina annuale di opere senza qualità che vellicano i molli precordi di un pubblico desideroso di buoni sentimenti letterari (Thomas Hardy e Laurence Sterne), offerti dal regista inglese con deturpata fisionomia degli inarrivabili ispiratori; la botte riguarda l’alternarsi biennale di un cinema apparentemente impegnato sui fronti caldi del globo (da Sarajevo a Guantanamo al Pakistan, ecc) che è riuscito a commuovere anche il cinico Mereghetti. Questo cinema (la botte) piace a chi sente il bisogno di un temporaneo candeggio della coscienza, magari con l’assunzione di un farmaco gemello americano, mettiamoRoger Spottiswoode

 

Un altro aspetto del cinema di Winterbottom è un’inflessibile esercitazione a peggiorare di anno in anno:Butterfly Kiss (1994) sembra un capolavoro rispetto a Genova(2008); quattordici anni di lavoro intenso perché l’ultima faticadel 2010 riuscisse la peggiore. E l’ultima fatica, dannazione!, è il remake di The Killer Inside Me di Jim Thompson (pubblicato in Italia, tradotto e taroccato l’8 marzo 1970 nel Giallo Mondadori N. 1101 Serie Nera con il titolo La belva che è dentro di me da Luciana Agnoli Zucchini che tradisce la sanguigna prosa del romanziere americano in linguaggio che non infastidisca il lettore morigerato). Devono passare trentatré anni perché l’editore Fanucci, (che ha pubblicato tutti i romanzi di Thompson) dia alle stampe, nel 2003, il romanzo tradotto come si deve da Anna Martini e con il titolo giusto,L’assassino che è dentro di me

 

Winterbottom ha navigato tra commedie più o meno impegnate socialmente e noiose, docufiction politichese altrettanto noiose, ora gli manca il thriller per riempire il carnet del regista tuttofare, e che fa?, va a mettere le mani su uno dei thriller più incendiari della storia del genere. Mi verrebbe da dire che il regista inglese non ha il polso per roba hard, ci vorrebbe la buonanima di Aldrich ed è un peccato che da un romanzo scritto nel 1952, con i Fuller e i Siegel in circolazione e tutti l’olimpo del noir, nessuno abbia pensato al ‘comunista’ Thompson che molto doveva dare di lì a poco al giovane Kubrick (dialoghi di Rapina a mano armata e sceneggiatura diOrizzonti di gloria). Ma la natura basculante dello scrittore, un Bad Boy (Einaudi Stile Libero, 2001) si definisce nell’autobiografia va (alcol, guai, crolli esistenziali) non era pasta per un illuminista razionalista, Jim Thompson era un piromane, delle buone maniere se ne fregava e come scrittore il Washington Post lo inquadra in maniera folgorante: “Se Raymond Chandler, Dashiell Hammett e Cornell Woolrich si fossero uniti in un amplesso sacrilego e avessero dato vita a una progenie letteraria, il risultato sarebbe Jim Thompson… La sua opera getta una luce abbagliante sulla condizione umana.

 

Quando muore, nel 1977, l’America lo ha dimenticato, non Sam Peckinpah che nel 1972 dà al cinema (e al grande Thompson) il capolavoro The Getaway, tratto dall’omonimo romanzo del 1959, che è il primo tributo al Bad Boy, il secondo, nel 1975 (Thompson è ancora vivo) è offerto dal generoso artigiano Burt Kennedy, la prima versione di The Killer Inside me (1975) con Stacy Keach, faccia tagliata al naturale sul profilo di Dick Tracy, cui Winterbottom oppone (nella parte di Lou Ford, il killer inside) il pivello garbato e sbarbato Casey Affleck, nel remake 2010. 

 

Per fortuna, altri registi hanno onorato la memoria del più grande indagatore dell’animus necandi (segue a pari merito l’inglese Derek Raymond, quello di Aprile è il più crudele dei mesi, un gemello omozigote di Jim Thompson, uno che ha visitato l’inferno nel Mio nome era Dora Suarez).

 

Nel 1979 la buonanima di Alain Corneau con Série Noire (Il fascino del delitto), tratto dal romanzo A Hell of Woman del 1955 (Diavoli di donne, Fanucci 2004).

 

Nel 1981 è la volta di Bertrand Tavernier con Coup de Torchon(Colpo di spugna), dal romanzo Pop 1280 del 1964 (1966 Mondadori, Collez. I Rapidi; 2004 Fanucci).

 

Nel 1990 James Foley dirige After Dark, My Sweet (Più tardi al buio) dal romanzo omonimo del 1955 (Fanucci 2003).

 

The Grifters del 1963 è ispirato il film omonimo del 1990 di Stephen Frears Rischiose abitudini (il titolo italiano), I truffatori è il titolo del romanzo edito da Fanucci nel 2004.

 

Sul remake di Getaway, diretto da Roger Donaldson nel 1993 è giusto stendere un velo pietoso.

 

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Tratto dall'omonimo romanzo di Jim Thompson The Killer Inside Me, narrato in prima persona dal vicesceriffo Lou Ford della contea di Central City, è un documento agghiacciante, un resoconto spietato di una personalità psichicamente bacata. All’apparenza, Ford è uomo simpatico, di buone maniere, un amicone diremmo oggi, che, sotto la pasta bonaria, al limite dell’idiozia, nasconde una furia incontrollabile che lo porta a eliminare chiunque si frapponga tra sé e i suoi progetti criminali. Affetto, a causa di un trauma infantile (i giochini erotici a base di sculacciate sul culo di una governante compiacente), l’uomo prova un gusto sadico a frustare le donne nelle quali si imbatte (Lou piace alle donne) fino a massacrarle con calci e pugni. 

“Appartiene invece interamente a Thompson”, scrive Luca Briasco nella nota editoriale del romanzo edito da Fanucci. “l’invenzione di attribuire sadismo e devianza a un tutore della legge: scelta tanto sfruttata oggi quanto intimamente sovversiva nel 1952.”. 

A Winterbottom che ha diretto un film assolutamente insufficiente a rappresentare l’inferno di una mente bacata, potremmo dire, utilizzando il titolo di un romanzo di Thompson:Alla larga dal Texas!, ma sarebbe ingiusto attribuire al regista che, lo ripeto, non è proprio un tron de l’air, i difetti dei quali è responsabile lo sceneggiatore John Curran che ha ‘tagliato’ parti importanti del romanzo, riducendolo a una storia sudaticcia sudista come Frailty o Il cuore nero di Paris Trout(tra l’altro, dei film migliori) . 

Certo, il sud c’entra e come nel romanzo di Thompson, ma è il sud dell’Urlo e il furore di Faulkner (“… l’istinto di una mente sconvolta, come […] Benji Compson, l’idiota di 33 anni diL’Urlo e il furore […] la follia e il nonsenso dei puri malvagi, dei criminali senza remore e luce, predecessori dei serial killer dei nostri tempi…”, scrive Goffredo Fofi), il sud di Gli storpi entreranno per primi di Flannery O’Connor, il sud del poco letto, grande William Goyen, scrittore “di stupri, mutilazioni, cronache nere, linciaggi: l’altra faccia del ‘sogno americano’” (quarta di copertina del Fantasma e la carne, ediz. Theoria, 1991) che ha lasciato a Cormac McCarthy l’eredità di raccontare il Male.

 

Tutto questo è The Killer Inside Me, ma Winterbottom ci consegna un film opaco, noioso, ripetitivo, inutilmente minimale, senza un solo momento, non dico memorabile, ma di buon cinema. La scelta di affidare a Casey Affleck il ruolo di Lou Ford non paga, il fratello di Ben non può sostenere una parte difficile facendo ricorso all’inespressività facciale che gli è propria (ha già compromesso con quella faccia attonita, occhi sbarrati, il buon romanzo di Dennis Lehane, Gone Baby Gone), né basta il recitativo con falsetto alla cartavetro a dare corpo e follia a Lou Ford. 

Il ricorso frequenti, quanto improvvisati, inconcludenti flashback rischia di rendere incomprensibile la causa del formarsi di una psicopatia criminale. Per tacere, infine, del moltiplicarsi di scene di bestiale sessualità (giusto per gratificare lo spettatore con porzioni di nudo di Jessica Alba o Kate Hudson) cui Thompson, da grande narratore, accenna senza esibire. 

Dal naufragio si salvano gli attori di mestiere, Ned Beatty, Elias Koteas, Bill Pullman (in una particina, come al solito, alcolica) e qualche bel tramonto-cartolina.       

 

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