Regia di Rob Epstein, Jeffrey Friedman vedi scheda film
Spaccato efficace e sentito della beat generation, "Urlo" di Jeffrey Friedman e Rob Epstein è uno di quei film che riesce a parlare di letteratura e poesia senza incorrere in retorica e banalità varie da biopic superficiale. Un omaggio alla parola ed all'arte in genere che riesce ad essere efficace anche sotto un punto di vista prettamente cinematografico. Montato magistralmente ed ottimamente fotografato da Edward Lachman, il film dei due documentaristi americani si sviluppa su tre diversi piani e registri narrativi: uno a colori incentrato sul processo per oscenità allo scritto di Ginsberg, uno in bianco e nero relativo ai ricordi ed al reading dell'opera incriminata ed infine uno, questa volta in animazione, atto a dare forma e sostanza ai torrenziali versi dell'autore. Trascinante, immediato e ben amalgamato, "Urlo" getta il proprio spettatore dritto negli anni '50, muovendosi fra fermenti artistici di varia natura e gli inevitabili pregiudizi dei benpensanti. "E' come sguazzare nel fango quando leggi quella roba", niente di più sbagliato. Come dice lo stesso protagonista, la poesia è un'articolazione ritmica del sentimento e allora largo ad un fiume in piena di parole che si snocciola come un fraseggio jazz: libero, creativo, istintivo, maledettamente colto e solo apparentemente incomprensibile. La parte relativa al reading è senz'altro la più riuscita ed emozionante del film ed i passaggi relativi al Moloch e Rockland non lasciano indifferenti nonostante il doppiaggio di James Franco sia perlopiù inascoltabile. Notevole l'idea della contaminazione visiva sia in termini cromatici che di ripresa, di buon livello la prova dell'intero cast ed ineccepibile, infine, la scelta dei registi di non dilungarsi troppo sui vari sottotesti socio-politici (e disposizione ce n'erano una miriade) lasciando in primo piano l'opera letteraria in tutta la sua dirompenza ipnotica.
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