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Urlo

Regia di Rob Epstein, Jeffrey Friedman vedi scheda film

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La recensione su Urlo

di scapigliato
8 stelle

Rovinato dal doppiaggio italiano Urlo perde metà della sua incisività proprio nell’edizione italiana. La declamazione del poema di Allen Ginsberg da parte di James Franco è sicuramente altra cosa da quella doppiata malamente che abbiamo visto in Italia. Una voce ed una modulazione che irritano, che non c’entrano nulla né con il personaggio né con l’attore. Il peccato sta tutto qui, perché per il resto Urlo si lascia vedere per quello che è: un intimo e silenzioso – nonostante il proclama – ritratto biografico, stilisticamente a metà strada tra ficcion, animazione e documentario. Il taglio che il regista ha voluto dargli è chiaramente un taglio indie, un taglio che gioca sull’atmosfera minimalista delle produzioni con questa vocazione, per centrare appunto l’intimità di cui prima, l’essenzialità del gesto e la semplicità narrativa. Fa il paio con il registro adottato, quasi mai grave, ma a tratti drammatico, per lo più comunque leggero, impegnato, ma leggero.

Su tutti, manco a dirlo, svetta James Franco, attore tra i migliori della sua generazione – generazione che non mi stancherò mai di citare vista tutta l’importanza che vi investo – e tra gli attori più sottovalutati di quest’epoca cinematografica. Peseranno i tre Spider-Man? O peserà il suo indescrivibile fascino adolescenziale che lo porta sempre a fare i conti con certi ruoli – Tristano e Isotta, Giovani Aquile o Pineapple Express – dove la caratteristica teen è predominante e dove l’attore si vede poco? Fatto sta che in ogni sua interpretazione, James Franco dimostra di non essere semplicemente belloccio, ma di saperci fare, di avere un’idea di attore che tanti teen-idol chiaramente non hanno e non avranno mai. Franco è anche scrittore, regista, produttore. Si parla di piccole produzioni o di cortometraggi, come il recente e discusso Flesh of Steven, ma pur sempre creazioni che permettono a lui e a noi di conoscere l’anima autoriale di uno dei più interessanti personaggi della scena cinematografica odierna.

Il suo lavoro in Urlo è un lavoro che si accoda ad altri e che ne precede altri di carattere omosessuale, così come spiccatamente omoerotica è la traccia e tutta l’idea centrale del suo già citato cortometraggio, così come molte sono le storie di certa ambiguità sessuale raccontate nel suo esordio letterario Palo Alto Stories. Che James Franco possa o non possa essere omosessuale poco ci importa. Ciò che importa è che i suoi film e i suoi personaggi riescano ad arrivare alle corde più nascoste, o che questi suoi caratteri dal taglio omoerotico possano aiutare lui a definirsi maggiormente come uomo e come autore.

La mimesi con Allen Ginsberg è ottima. Chi scrive non ama la radicale aderenza al modello originale, preferendo un’interpretazione impressionista dove centrale è un’idea, appunto un’impressione che l’attore ha del personaggio storico che interpreta, da cui si può vedere la bravura stessa dell’attore come autore di se stesso. Ma anche nei casi più conclamati di aderenza mimetica – come il James Foxx di Ray, a tratti insostenibile proprio per l’arroganza di tale aderenza – lo spettacolo vive proprio per la resurrezione del personaggio storico, con chiara soddisfazione del pubblico. James Franco fa lo stesso. Allen Ginsberg esce dalla sua pelle e si ripresenta al pubblico nelle cadenze e nella gestualità – credo pure nella voce, ma per noi italiani resterà un mistero fin che non ci goderemo la versione originale. Mentre invece il vero James Franco ritorna in scena quando il personaggio-Ginsberg non è né intervistato né in piena declamazione poetica. Sono questi due infatti i momenti topici dell’aderenza mimetica. Per il resto James Franco attenua la mimesis e cerca di più l’attore che è. Il film infatti è piacevolissimo soprattutto per la presenza di James Franco, ma anche David Strathain ricrea un avvocato la cui meschinità fa il paio con la sua stupidità tanto da apparire più comico che altro. Per non dire delle varie animazioni, dove gli uomini stilizzati godono di un membro esagerato, ma che ben danno l’idea della libido e della rivoluzione di costume che impregnano non solo la vita e l’opera di Ginsberg, ma il film stesso, silenziosamente audace.

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