Regia di Thomas Vinterberg vedi scheda film
Come mai se un film presenta un approccio drammatico, se vogliamo talvolta anche ostico e duro, viene quasi automaticamente messo da parte dalla distribuzione italiana e lasciato nel limbo dei film che salteranno la regolare fruizione del pubblico?
Non si rischia in tal modo di impigrire ulteriormente fino alla sciatteria un pubblico gia' poco propenso ad accettare soggetti coraggiosi, poco avvezzo alle cinematografie piu' innovative, alle opere che sanno rischiare e mantenere a tutti costi fede al proprio soggetto, senza scendere ai facili compromessi di un mercato sempre piu' omologato al finto perbenismo e ad una comicita' stantia e fotocopia di se stessa?
Con Submarino ritroviamo finalmente in grande forma il danese Thomas Vinterberg, colui che per primo ha adottato le regole del Dogma di Von Trier nel suo capolavoro d'esordio Festen, e colui che, rapito dalla grande industria americana, ha sfornato tra il 2003 e il 2005 due strambi, bizzarri ed poco catalogabili prodotti come "Le forze del destino" e "Dear Wendy", e ancora colui che, tornato in patria, ci ha deluso profondamente col suo film piu' inconcludente e strambo "Riunione di famiglia".
Motivo in piu' per apprezzare questo cupo, tragico melodramma, storia di due fratelli dalla vita drammaticamente segnata sin da piccoli, quando all'eta' di circa dieci anni devono badare da soli ad un fratellino (Martin) che gli morira' vicino di stenti ed incuria a causa di una madre alcolizzata all'ultimo stadio.
Il futuro non sara' piu' semplice per nessuno dei due ragazzi: si cercheranno per molto tempo, ritrovandosi solo al funerale della madre ed in prigione, ognuno per la sua tragica vicenda. Il piu' grande e tenace dei due tuttavia sapra' ritrovare nel nipote (Martin pure lui, figlio del fratello minore tossicodipendente), la forza di ricostruire da quel brandello di vita un'esistenza che sappia di compiuto e che apra uno spiraglio positivo nel futuro, fino ad ora cosi' incerto, dello sfortunato ragazzino, evitandogli quel destino tragico che ha segnato per sempre il futuro dei due giovani sfortunati fratelli.
A meta' strada tra melo' e dramma, il film inizia tra il biancore lunare di immagini patinate di un amore fraterno che ispira tenerezza ma che, lasciato nelle arbitrarie mani di due giovani inesperti ragazzini allo sbando, si trasforma nella piu' cupa inevitabile tragedia. Poi la vicenda procede separatamente mostrandoci i due adulti sopravvissuti ad una scuola di vita che li ha segnati entrambi profondamente, ma che li ha tenuti comunque profondamente legati l'uno all'altro, nonostante la distanza che li ha sempre separati.
Vinterberg, lontano da Hollywood ma anche dal Dogma che ne ha celebrato i natali cinematografici, adotta uno stile di regia alla "Susanne Blier" che risulta convincente e celebra nel contempo il riscatto dell'autore che da anni, chi ne ha amato il folgorante esordio, auspicava con impazienza.
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