Regia di Florin Serban vedi scheda film
Silviu Chiscan non è un detenuto come gli altri. In lui c’è una voglia di libertà che supera ogni limite, perché è tutt’uno con il desideiro di amare, di portare nel mondo la sua esperienza e proteggerlo dagli errori che lo hanno fatto finire in prigione. Quel giovane non è un’idealista: è solo un ragazzo, non ancora completamente adulto, che troppo presto è rimasto scottato dall’egoismo che impedisce la vicinanza e genera la sensazione di essere esclusi, non voluti, inutili. Sua madre, trasferitasi con lui dalla Romania in Italia per lavorare, lo rispediva in patria, dal padre, non appena iniziava una nuova relazione sentimentale. È così che il piccolo Silviu ha cominciato a perdersi. Ed ora non può permettere che a suo fratello minore tocchi la stessa sorte. Non è ammissibile che accada, come non è concepibile che lui, di fronte a questo grave pericolo, non possa intervenire. Dopo quattro anni, sta per uscire dal carcere: tra quindici giorni sarà di nuovo un uomo libero, e non è quindi logico che venga ancora considerato un individuo a metà, rispettato ad accudito, ma privo di diritti e di voce in capitolo. Non si capisce perché non possa conversare con Ana, la giovane studentessa che, nell’ambito di un progetto di ricerca, è venuta a sottoporgli un questionario. Sarebbe così naturale dirle che ha delle belle labbra ed invitarla a prendere un caffè. Invece, nella sua condizione attuale, quei gesti così innocenti gli sono rigorosamente vietati dalle leggi vigenti in un luogo a cui sente di non appartenere più, perché è in procinto di lasciarlo per sempre. Silviu non riesce a rispettare la scadenza che lo vorrebbe costringere a rinviare tutto a dopo quella fatidica data. Le sue urgenze non possono aspettare. Sua madre è sul punto di partire, portandosi con sé l’altro figlio. Inoltre, una volta che sarà uscito, probabilmente non gli si ripresenterà più l’occasione di attaccare discorso con quella ragazza che lo ha tanto colpito. Silviu sta davvero per rischiare tutto ciò che potrebbe dare un senso al suo ritorno alla vita. Non stupisce che questo terrore provochi in lui un’intolleranza verso le regole e che questa, di fronte alle provocazioni ed ai tentativi di repressione, sfoci in una vera e propria violenza criminale. Questo film segue passo dopo passo il protagonista nella preparazione della sua evasione che, prima di diventare un’effettiva fuga, si manifesta come il rifiuto di non poter decidere su quel futuro che lo attende di lì a poco: un domani che, in pratica, è già suo, e nel quale nessun altro dovrebbe essere autorizzato a mettere mano. Dentro di lui, la ribellione cova a lungo ed infine esplode, alimentata da tante piccole violazioni della sua sfera privata, come i ricatti a cui lo sottopongono i suoi compagni in cambio dell’uso di un telefonino per chiamare casa, o l’intromissione, da parte del professore di Ana, nel suo rapporto con la ragazza, che avrebbe dovuto restare segreto ed esclusivo. La tensione sale costantemente, dal momento in cui Silviu viene a conoscenza delle intenzioni della madre, e si arricchisce di sempre nuovi spunti; l’obiettivo di Florin Serban la ritrae standoci dentro, vedendola crescere insieme all’ansia claustrofobica di Silviu. È come se, per lui, quelle mura non fossero mai state tanto alte quanto adesso, che si stanno per aprire e lasciarlo passare. Una beffa del destino sembra volere che le opportunità si affaccino, al suo orizzonte, per poi svanire un secondo prima che le possa cogliere, per realizzare le sue legittime aspirazioni: costruire una famiglia, e diventare, per il fratello, un valido sostituto dei genitori. I suoi sogni sono come fischi, oggetti impalpabili ma penetranti, che riescono, loro sì, ad arrivare lontano, varcando i confini di quell’universo ermeticamente chiuso in se stesso, e totalmente disgiunto dalla realtà. Sono suoni che si fanno sentire a distanza, richiamando l’attenzione, ma poi si dissolvono nel vuoto, senza lasciare traccia: una condanna a morte a cui Silviu cerca, in ogni modo, di sottrarre gli effetti delle sue azioni. If I Want to Whistle, I Whistle è la cronaca di una strenua lotta per la libertà, combattuta con mezzi sbagliati, ma con tutta l’anima e con tutto il corpo: una pagina di eroismo negativo, che sa di gioventù bruciata, ma non ha l’alone della leggenda, perché è immersa nello squallore del disagio morale.
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