Regia di Oskar Roehler vedi scheda film
Forse il film non è abbastanza tragico, né abbastanza polemico. Forse non è abbastanza realistico. In poche parole, è forse troppo intriso del senno di poi. Di quella facile sicurezza con cui si guarda a quella parte della storia che è ormai passata in giudicato, non aggiungendo nulla all’irrimediabile evidenza dell’orrore perpetrato e alla palese, disumana perversione degli individui che ne sono stati gli ispiratori, i complici, gli esecutori. Joseph Goebbels, il ministro della propaganda del Terzo Reich, ridotto ad una retorica macchietta, il popolo tedesco identificato con una massa di impassibili affiliati al nazionalsocialismo, una complessa realtà sociale, culturale, ideologica sostituita dall’atmosfera surreale e asfittica di un teatro di regime con pochi interpreti: questo è l’impianto di un film che si fa scudo con icone banali e prive di spessore, perché incapace di stare dentro agli eventi, per raccontarli, spiegarli e farli davvero rivivere sullo schermo. La vicenda di Ferdinand Marian, attore tedesco sposato ad una donna di origine ebraica, ed ingaggiato, nel 1939, per il ruolo principale nel film antisemita Süss l’ebreo, non esce dall’angusto orizzonte di una farsa sulle arcinote interazioni tra show business e potere politico. Sembra che il centro del discorso debba essere l’intrigo di corte, come, del resto, pare voler indicare l’iniziale riferimento al complotto di Iago nell’Otello di Shakespeare: una trama ordita ai massimi vertici, che preclude ogni possibilità di scegliere, prevenendo, in chi la subisce, qualsiasi forma di dilemma morale. Forse il protagonista è stato davvero, contro la sua volontà, la vittima di un meccanismo subdolo e invincibile: ma l’innocente che sbaglia non è mai un semplice ed imbelle burattino nelle mani del suo carnefice. Questa è, però, l’impressione che si ricava dalla figura interpretata da Tobias Moretti che, per una singolare scelta di regia, risulta ben più naturale e convincente sul set del film nazista, nei panni del banchiere Joseph Süss Oppenheimer, che non nel ruolo dell’uomo costretto a recitare una parte che la sua coscienza rifiuta. Jud Süss – Film ohne Gewissen riporta alla luce un personaggio caduto nell’oblio, e che, a distanza di tanti anni, ha chiaramente il potere di ricordarci che i grandi e devastanti errori non si verificherebbero senza l’attiva partecipazione, più o meno consapevole, di uno stuolo di comparse e comprimari. Tuttavia il suo valore si esaurisce qui, non potendo attribuire, all’opera di Oskar Roehler, il merito di averci sottoposto, nella sua veste originale, una drammatica verità del passato, su cui poter riflettere a mente libera, senza anticipazioni sulla scontata sentenza di condanna.
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