Regia di Teinosuke Kinugasa vedi scheda film
Kurutta Ippeji, una pagina di follia nella traduzione italiana, è un film muto giapponese del 1926.
Ritenuto disperso per 45 anni, fu ritrovato (per nostra fortuna) dallo stesso regista, Teinosuke Kinugasa, e subito diffuso nel 1971. Film muto che, a differenza dei suoi simili occidentali, non presenta nemmeno intertitoli tra una scena e l'altra, dal momento che in Giappone era usanza che il narratore fosse presente nella sala, e dunque leggesse durante la proiezione del film.
Kurutta Ippeji è la prova definitiva che il Giappone sia sempre stato un paese di avanguardia cinematografica, innovatore e capace di realizzare pellicole che ancora oggi hanno un valore inestimabile.
Una pagina di follia è quella che si ritrova a vivere il protagonista, il portinaio di un manicomio, dove, al suo interno, è tenuta la moglie. Quest'ultima infatti, sembra essere uscita di senno dopo aver tentato di annegarsi insieme al figlio, che nella stessa circostanza perse la vita.L'uomo, nonostante tutto, ama ancora la moglie, e cerca di fuggire insieme a lei da quel posto, ma invano. Essa, terrorizzata, oppone resistenza, incapace di sostenere la fuga con il marito.
Il manicomio, luogo principale della pellicola girata appena in un mese, è colmo di numerose personalità, che riempiono il loro tempo in balli, manifestazioni di pazzia, di ribellione, che coinvolgono, spesso, anche il custode, che nonostante tutto sembra trovarsi a suo agio all'interno della struttura.
Numerosi sono i richiami all'espressionismo tedesco. Del movimento cinematografico tedesco di quegli stessi anni, il film riprende l'atmosfera cupa e la scenografia, composta da un'opposizione fra la chiusura del manicomio, con la presenza di numerose gabbie, utili ad aumentare il senso di prigionia e chiusura che il film vuole trasmettere, e l'immenso spazio all'esterno in cui i due sposi passavano il loro tempo prima che la donna impazzisse e finisse al manicomio.
Un'opera che dimostra la bellezza e il fascino incommensurabile del cinema orientale, quello Giapponese su tutti.
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