Regia di Lu Zhang vedi scheda film
Il fiume Tumen segna il confine tra Cina e Corea Del Nord. Un tempo esisteva un ponte che ne collegava le due sponde, ma ora non più, e chi ha intenzione di attraversarlo lo fa d'inverno, a suo rischio e pericolo, quando il grande freddo lo trasforma in un'interminabile distesa di ghiaccio. Spinti dalla fame e dalla disperazione, molti nordcoreani tentano l'impresa ogni giorno: fuggono dal regime di Kim Jong-il finendo in un piccolo villaggio cinese cercandovi chi un rifugio, chi solamente cibo o medicinali. A quest'ultima categoria appartiene Jeong-jin, un dodicenne che, alla costante ricerca di qualcosa da mangiare per sé e per la sorella che lo aspetta a casa gravemente malata, trova un valido sostegno nel coetaneo Chang-ho e nella sua famiglia, composta da Soon-hee, la sorella muta, e dal nonno, uomo pacato e saggio.
Il regista Lu Zhang parte da questo rapporto improntato alla solidarietà per mostrare l'aria che tira da questo lato del fiume: un'aria stagnante e vuota, in cui il bianco sporco dei terreni innevati fa pendant col grigiore di esistenze opache piatte e prive di obiettivi o prospettive, in cui i giorni sono tutti uguali, e in cui il calendario è scandito dal megafono attraverso cui il sindaco detta la linea da seguire, che si tratti dell'invito a comprare il pesce per essiccarlo e poi rivenderlo a prezzo maggiorato, o dell'ordine di non incoraggiare l'immigrazione clandestina diffidando dello straniero che viene dal paese confinante per rubare, oltre al pesce, fagioli, mucche e pecore. Ossia le loro uniche fonti di sostentamento e guadagno. Perché il villaggio in cui i profughi cercano riparo non è molto diverso da quello da cui provengono: i suoi abitanti non gli sono lontani neanche culturalmente, parlano la stessa lingua, e se almeno loro non muoiono di fame non possono comunque aspirare a nulla di più che a un dignitoso barcamenarsi, tanto che fortunati sono ritenuti coloro che hanno un parente impiegato in Corea Del Sud che gli manda il denaro: come fa la madre di Chang-ho, mentre il padre, tempo addietro, è morto affogato proprio nel Tumen, per salvare dall'annegamento Soon-hee.
È attraverso lo sguardo del ragazzino che il regista fotografa la triste condizione di una popolazione povera, svuotata di risorse ed educata alla chiusura verso l'esterno: dopo aver stabilito con il pendolare Jeong-jin un rapporto di reciproco rispetto e fiducia, Chang-ho si troverà diviso tra la propria istintiva generosità e la necessità di comportarsi da buon cittadino. Calato in un contesto complesso e disumanizzante aggravato dal clima di crescente tensione sociale, sarà costretto, come tutti i suoi coetanei, a fare i conti con le proprie scelte, all'interno di un percorso di responsabilizzazione precoce conflittuale e spersonalizzante.
Ambientato nell'area di frontiera della stessa provincia cinese dello Jilin che ha dato i natali al regista, e prodotto in compartecipazione tra Corea Del Sud (la Lu Films del regista) e Francia (la parigina Arizona Films), La rivière Tumen è un amarissimo racconto di formazione messo in immagini con pudico e rispettoso distacco: in questa direzione vanno interpretate la preferenza per la telecamera fissa con campi medi o lunghi, la scelta di tenere fuori dallo schermo (o comunque distanti) i momenti più drammatici e cruenti, e la totale rinuncia all'accompagnamento musicale, elementi base di una messinscena che è gelida come l'inverno nel villaggio ma che non crea distacco, non ostacola, non allontana emotivamente dagli eventi.
Il film di Zhang si dispiega in un susseguirsi di scene sostanzialmente statiche, piuttosto semplici e mai troppo lunghe, entrando sinistramente in sintonia con la desolazione di un lembo di terra dimenticato e abbandonato a sé stesso, attraversato e simboleggiato da un fiume, il Tumen, che unisce e separa due comunità di individui diversamente disperati: i poveri ed affamati, e i "solamente" poveri.
Presentato in diversi festival in giro per il mondo e passato anche in Italia, fuori concorso, all'AsiaticaFilmMediale 2010 di Roma, La rivière Tumen ha vinto l'Orso di Cristallo (Menzione Speciale per il miglior film della sezione "Generation 14plus") al 60° Festival di Berlino e il Premio Speciale della Giuria al Paris Cinéma 2010.
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