Regia di Jan Svankmajer vedi scheda film
Svankmajer fa rivivere il passato attraverso il movimento degli oggetti che popolano gli spazi ormai vuoti di una casa abbandonata; a spostarli non sono tanto i fantasmi degli uomini di un tempo, quanto, piuttosto, la perenne, tragica presenza della morte e del declino. Questi sono processi dinamici immortalati nell’energia cosmica, e quindi capaci di replicarsi all’infinito, anche nella totale assenza di forme viventi. Il decadimento della casa Usher è il fenomeno rimasto per sempre intrappolato tra le mura dell’antico palazzo, con gli arredi e la vegetazione fermi in attesa di poterlo nuovamente interpretare. La logica del tempo vuole, infatti, che le storie continuino a ripetersi, anche a distanza, in epoche e luoghi diversi, dandosi la voce attraverso gli eventi ed i pensieri, attraverso i fatti reali (l’evasione di Madeline dalla bara) ed i racconti immaginari (la porta sfondata da Ethelred). La loro eco rimbalza tra le pareti della mente e gli scenari del mondo, sovrapponendo verità e immaginazione, in un moto perpetuo tramutato in gioco macabro, di cui si conoscono fin troppo bene sia le regole, sia la fine. L’animazione, soprattutto quella che sfrutta la malleabilità della creta, è lo strumento ideale per riprodurre, in tutta libertà, questo eterno ciclo di trasformazione, ritornante su stesso come una riflessione a vuoto, che produce idee solo per poi distruggerle. La circolarità esprime l’attesa di un avvenimento, ma anche la certezza della sua reversibilità; così, un mucchio di terra o una distesa di sabbia rappresentano sia la materia informe che aspetta di essere plasmata, sia la possibilità di fare e disfare, scrivere e riscrivere, nell’eterno, quanto vano, inseguimento di un’opera perfetta che le riassuma e le concluda tutte.
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