Regia di João Daniel Tikhomiroff vedi scheda film
Tra biopic e mitologia fantasy, la storia vera o presunta del leggendario Besouro di Mangangà (appellativo col significato di “coleottero”), bracciante appartenente alla comunità negra di una cittadina dello stato di Bahia, Brasile. "Il più grande capoeirista di sempre", combatté per la libertà di espressione di un popolo oppresso, nonostante la recente abolizione della schiavitù. Braccato dalla Guardia nazionale e dai fazenderos per i suoi attacchi furtivi alle fabbriche e ai raccolti, la sua rapidità di azione diede linfa alle leggende, che lo celebrano come protetto dagli dei e dotato di poteri sovrannaturali. Cadrà infine vittima di un'imboscata.
La capoeira, arte di origine afro-brasiliana che unisce lotta, musica e destrezza corporale, dal 2008 riconosciuta come patrimonio culturale nazionale ed esportata con successo in tutto il mondo, all'epoca di Besouro era abolita dal codice penale e perseguita assieme al batuque, il samba e il candomblè, il culto politeista degli Orixàs, da tempo camuffato attraverso un'opera di sincretismo con il cristianesimo.
Il film di Tikhomiroff è la diretta conseguenza dell'evento del 2008, una grande vittoria per un popolo che ancora oggi, nella povertà delle sue favelas, mostra i segni di una storia tragica che sembra non finire, nonostante le reticenze della chiesa evangelica, che gode di grande seguito popolare anche tra le fasce meno abbienti.
Strizzando l'occhio all'estetica pittorica della coeva filmografia cinese con accattivanti rallenty e fast-motion, cattura abilmente l'atmosfera in bilico tra sogno e realtà, attraverso le affascinanti coreografie acrobatiche dei lottatori e le apparizioni magiche degli orixàs, immerse tra i bassifondi dei villaggi e paradisiache meraviglie tropicali. Il plot però è noiosamente piatto e scontato, senza colpi di scena, con dialoghi e recitazione da telenovela. Prodotto e sponsorizzato da un elenco interminabile di multinazionali brasiliane.
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