Regia di Silvio Muccino vedi scheda film
Silvio Muccino, Carla Vangelista e compagnia vivono per davvero in un altro mondo. Dove nessuno lavora e c’è sempre un sacco di tempo per viaggiare e stare a rimuginare su quanto soffriamo noi privilegiati che abbiamo tutto. Anche a Nairobi, Muccino sembra che sia sempre rinchiuso nel perimetro del suo quartiere. Il padre morto in Africa gli lascia un fratello. Lui vorrebbe mollarlo al nonno prima e a degli estranei poi, ma infine l’amore lo salva e lui capisce che è ora di crescere. Non c’è niente da fare. Un certo cinema italiano è totalmente impermeabile al mondo, irriducibilmente borghese e provinciale. Per dirla con Hemingway che di viaggi se ne intendeva, non basta cambiare posto per cambiare te stesso (e almeno i cinepanettonisti nella loro dichiarata cialtronaggine se ne fregano...). Sotto sotto si capisce anche che Silvio tenta di rifare La ricerca della felicità di Gabriele. La sceneggiatura, però, rende a lui e al piccolo Michael Rainey Jr. un servizio pessimo. Il peggio è che in tutto questo c’è anche una morale sul vivere e i sentimenti. Cinema ombellicale e narciso, attraversa corpi e mondi senza mai farsi contaminare da nessuno, restando identico a se stesso e dandosi insopportabili arie d’autore.
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