Regia di Silvio Muccino vedi scheda film
Silvio Muccino vive in un altro mondo. Un mondo in cui un ammanicato fratello maggiore ti trascina a forza dentro a un lavoro che non sai fare, ma che tu perseverando prosegui a fare, con danni grossissimi eppure credendoti un figo. Un mondo in cui fama, successo, denaro e quant'altro ne consegua ti precipitano addosso fin da giovanissimo, senza alcuno sforzo, e tu finisci logicamente per sopravvalutarti e combinare disastri in sconfinata sequela. L'ultimo - per ora - catastrofico parto della boria di Muccino jr. (o Muccinino che dir si voglia) è questo Un altro mondo, secondo lavoro da regista e anche questo firmato in sceneggiatura insieme a Carla Vangelista (chiunque essa sia). Impossibile descrivere l'orrore morale che suscita una storia tanto zeppa di banalità, di buonismi e intrisa di patetico come è quella di questo film; e sarebbe perfino superfluo mettersi qui ad analizzare le ragioni percui nel 2010 in Italia ci siano persone intenzionate a realizzare un film così vuoto, finto, scialbo, televisivo nel senso peggiore del termine. E verrebbe perfino da sfoggiare l'aggettivo 'proibito' per eccellenza in una 'recensione': brutto. Perchè Un altro mondo è proprio un prodotto senz'anima, che si finge meglio non solo di ciò che è (bella forza, peraltro), ma pure di tanto altro cinema 'commerciale'; e ovviamente è invece legato a doppio filo, in maniera profondissima, alle logiche alimentari più basilari: raggiungere il coinvolgimento del pubblico con trovatine pacchiane (genitori morenti in Africa, fidanzate anoressiche che non capiscono perchè il loro ragazzo adotti un bambino di 8 anni di colore: tutte cose che capitano a chiunque, almeno una volta nella vita), suscitare facili emozioni con musiche pop (da Bruce Springsteen agli 883 a Donovan: manco il juke-box di uno schizofrenico) e pontificare/sproloquiare tramite indecenti frasi fatte del calibro di "ci sono persone che non hanno mai detto 'ti amo', perchè tanto non serve. E poi, scopri all'improvviso che era tutto così facile. Che c'è un posto sicuro per nascondere i tuoi segreti. Che c'è qualcosa che conta più del passato e che forse ora lo (sic, anacoluto) puoi lasciare andare, lo devi lasciare andare e fare spazio ad altri visi (...). Ci sono persone che non si chiedono cos'è la felicità, ma se esiste secondo me assomiglia a questo" (dal megalomaniacale monologo conclusivo). D'altronde, se Fabio Volo fa sfracelli in libreria, chi impedisce a un Muccinino di scagliare al cinema una porcheria del genere? Il problema non sono le opere artistiche di valore risibile: sono gli spettatori e i compratori di tali opere. 1/10.
Il trentenne Andrea ha qualche problema con la ragazza, Livia, e non sopporta sua madre Cristina. Un giorno gli arriva voce che il padre - scomparso da anni - sta morendo in Africa; lo raggiunge appena in tempo per vederlo spirare e per beccarsi in eredità un figliastro di otto anni. Il piccolo bambino nero, portato in Italia, cambierà la vita di Andrea.
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