Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Di fronte al Cronenberg de La promessa dell’assassino o al Polanski de L’uomo nell’ombra l’imbarazzo è tale da far quasi scattare la rabbia: una rivolta estetica interiore spinge ad invocare la deriva trash, la sperimentazione spinta, l’autobiografismo ermetico, pur di non assistere ad un declino artistico che sceglie, come facile rimedio, un’esplicita condiscendenza nei confronti del genere commerciale. A volte è meglio correre il rischio di non farsi capire, pur di dire qualcosa di nuovo, piuttosto che inseguire a tutti i costi il successo, mettendo le proprie capacità al servizio del gusto popolare, per riproporre le buone vecchie formule del cinema d’intrattenimento. È proprio per colpa di questa infelice scelta se, al posto di un thriller psicologico di qualità, vediamo comparire qui un intreccio prevedibile, condito di un sensazionalismo stantio e di un’autorialità ridotta al lumicino, che si accontenta di dare ad un impianto più che convenzionale il lustro tecnico di una buona regia. Questo film è un discreto giallo e nulla più, che rispolvera i fantasmi ormai ammuffiti dello spionaggio da guerra fredda, compreso il gioco enigmistico dei codici segreti che oggigiorno non appassiona più nessuno.
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