Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Ritiratosi in un'isola sulla east cost americana, l'ex premier inglese Adam Lang (Brosnan) recluta un ghostwriter (McGregor) al quale affida il compito di dare dignità letteraria alle sue memorie. Il ghostwriter si trova così invischiato in una fitta trama che assembla responsabilità sulle torture in Iraq, legami segreti con la CIA e altro ancora.
Il riconoscimento conferito a Berlino al regista di origini polacche (orso d'argento per la miglior regia) sembra più un risarcimento a posteriori che non il premio per il lavoro compiuto effettivamente in questa occasione. Non che gli ingredienti del cinema di Polanski non siano riconoscibili: le atmosfere gotiche, il senso di straniamento del protagonista nell'isola, l'ambiguità dei personaggi, un individuo semplice in mezzo a un mare di pescecani e le sequenze da manuale ci sono tutti. È invece il plot narrativo - tratto dal "Il ghostwriter" di Robert Harris, nella realtà ghostwriter di Tony Blair, al quale in molti hanno visto un'esplicita allusione - a essere fiacco, con una soluzione del giallo telefonata da almeno metà film. Per Polanski come per Scorsese, che nello stesso anno ha licenziato Shutter Island, vale lo stesso principio: che dai primi della classe ci si aspetta sempre qualcosa di più.
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