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L'uomo nell'ombra

Regia di Roman Polanski vedi scheda film

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La recensione su L'uomo nell'ombra

di mc 5
10 stelle

Nemmeno le difficoltà giudiziarie che costringono Polanski ad una sorta di esilio/confino in uno chalet svizzero, gli hanno impedito di realizzare quello che, a detta non solo mia, è uno dei lavori più riusciti della sua ormai lunga carriera. Ovviamente l'attesa tra i cinefili si era fatta spasmodica, trattandosi di uno dei più grandi maestri viventi del Cinema. Per quanto mi riguarda, il risultato è andato ben oltre le mie più rosee aspettative: un thriller-noir politico solidissimo, di grande impatto, girato con mano assolutamente magistrale. Di sicuro non trapela alcun segnale di un uomo anziano la cui vita è condizionata da gravi problematiche legali, anzi, si ha l'impressione di uno stato di particolare grazia artistica da parte del regista. Vorrei qui aprire una parentesi quasi inevitabile, per poi subito dopo richiuderla e non toccare mai più il tema dei problemi di Polanski con la legge. Personalmente ho mutato negli ultimi anni il mio punto di vista. In un primo tempo aveva preso il sopravvento in me il rigore, nel senso che pretendevo punita la grave responsabilità di Polanski, senza se e senza ma, alla pari di qualunque cittadino. Poi, anche considerando l'attuale sereno atteggiamento della vittima del triste episodio, ho cercato di contestualizzare quanto accadde quel giorno del 1977. Probabilmente Polanski aveva una particolare tendenza a (uso questa espressione perchè non ne trovo altre) "divertirsi", ma (questo è il punto) ci trovavamo ancora in un momento culturale ed artistico in cui chiunque bazzicasse cinema, musica, arte, si spingeva, sollecitato da un delirante mix di follia anarcoide e di senso di onnipotenza, a cercare di soddisfare i propri sensi attraverso l'uso incontrollato di droghe di ogni tipo, varcando spesso limiti e confini morali ragionevoli. Essere "viziosi" era dunque percorso quasi obbligato, anche se faceva in realtà parte di uno squallidissimo clichè. Quindi, detta in soldoni, Polanski, oltre ad essere già da anni un genio era anche (diciamolo pure) un "porco", e in quanto tale non è che si peritasse più di tanto di soppesare le "porcate" che combinava, allo stesso identico modo in cui si comportavano (più o meno pubblicamente) rockstar, scrittori, artisti concettuali e personaggi stravaganti d'ogni genere. Sia chiaro che questo non sminuisce affatto la portata della sua colpa, ma ne corregge in parte una valutazione oggettiva espressa oggi, in prospettiva, dopo i tanti decenni trascorsi. E questo discorso, proiettato nella contemporaneità, ci porta a considerare che Polanski, oggi uomo molto più maturo e consapevole, è tuttora un Maestro e un Genio, a cui troverei inopportuno impedire di produrre capolavori. Chiusa la parentesi. Il film mi ha totalmente coinvolto ed imprigionato in un'atmosfera irresistibile, avvolto nel fascino di certe immagini talmente autoriali e suggestive da togliere il fiato. E il bello è che questo capolavoro è balzato subito al top del botteghino. E io, da cinefilo di vecchia militanza, non posso trattenere la mia gioia quando si realizza questo miracoloso corto circuito tra un blockbuster popolare "visitato" da migliaia di persone e l'elevatissima qualità del prodotto. A testimonianza di quanto sto dicendo, posso citare la mia esperienza. Ho visto il film due volte, di cui la seconda in una sala di un paese della provincia, di domenica pomeriggio, con un pubblico molto omogeneo formato da coppie di mezza età e qualche anziano. Un pubblico che -lo possiamo confessare perchè è vero- è la maledizione di ogni cinefilo, in quanto quello più abituato a commentare ad alta voce e a chiacchierare. Ebbene, gli spettatori erano talmente "rapiti" da quella trama "gialla" così appassionante che in sala non volava una mosca, e alla fine ho colto solo reazioni soddisfatte. E questo perchè si tratta di un film d'autore ma anche godibile alla grande da un pubblico popolare. La vicenda prende lo spunto da un romanzo che evoca figure reali, cioè quella del premier inglese Tony Blair e della sua "diabolica" consorte. Su questo punto le voci sono controverse, in quanto i collegamenti con la personalità del politico sono parziali e riconoscibili solo a tratti, ma è fuor di dubbio che l'ispirazione sia proprio quella, troppe sono le coincidenze e gli indizi che inducono a pensarlo. E questi contatti con la realtà del personaggio politico in questione sono davvero inquietanti, rispecchiano in pieno la nota ambiguità dell'uomo e la poca chiarezza (emersa poi nei fatti) su molte sue scelte riguardo alla guerra e al terrorismo. La storia cui assistiamo è intricata e complessa, a tratti ambigua quasi alle soglie dell'incomprensibilità, ma il suo fascino è talmente corposo che mi è impossibile restituirlo qui attraverso le parole. Certo, lo si potrebbe sintetizzare raccontandolo come un "giallo", ma ciò significherebbe banalizzarlo: sarebbe  un peccato per un film così "prezioso". Mi limiterò dunque a tracciare lo sfondo e la partenza di tutta la vicenda. Il "ghost writer" che aveva appena scritto un "brogliaccio" della biografia del Primo Ministro inglese, viene trovato cadavere in circostanze misteriose. Allora viene incaricato un giovane scrittore di mettere ordine in quelle carte e completare il libro. Ciò avviene in un quartier generale dell'uomo politico, collocato su di un'isola, all'interno di un edificio per molti versi inquietante, affacciato sul mare. Assolutamente centrale la figura della moglie del premier, personaggio carico di ambiguità, malizie, pensieri nascosti...fino a diventare emblematico di una vicenda oscura come poche altre. Ed è proprio questo senso del mistero, costante e avvolgente, unito ad una ambiguità grottesca e ad un senso di minaccia incombente, che hanno reso inevitabile presso ogni critico e cinefilo l'evocare la memoria del Maestro Supremo del thriller e del mistero, il signor Alfred Hitchcock. Chiunque veda questo film e ne mastichi un pò di cinema, infatti, non potrà fare a meno di individuare richiami ad atmosfere che facilmente riconducono allo stile hitchcockiano. Stile che non è citato in modo banale, ma ovviamente rielaborato con tecnica sofisticata ed elegante dal grande Polanski. Ho appena parlato di "atmosfere". Bene. E allora non si può non citare le sequenze in cui Mc Gregor vaga in bicicletta, sotto un cielo plumbeo o addirittura piovoso, per le stradine deserte dell'isola, le quali fatalmente portano tutte a quella spiaggia dove fu rinvenuto il cadavere. Ecco, Polanski è riuscito ad imprimere a quelle banali pedalate del protagonista un carico immenso di fascino inquieto e di autorialità. E poi c'è la struttura dell'edificio in cui lo scrittore lavora. Sia a livello architettonico, ma soprattutto di arredamento e distribuzione degli spazi, qui Polanski è riuscito a combinare qualcosa di sorprendente, qualcosa che colpisce l'occhio dello spettatore in un modo che non saprei nemmeno come definire....posso solo dire che quelle scale, quelle stanze, quei mobili, diventano parte integrante e fondamentale del film. Impossibile poi non evocare le immagini conclusive del film (spoilerare sarebbe un crimine!!): si tratta di un'inquadratura talmente suggestiva da fare quasi star male dall'emozione anche il più sgamato dei cinefili. Ma c'è una scena che mi ha particolarmente entusiasmato, ed è quella dell'incontro tra lo scrittore e un anziano professore universitario, all'interno di una villa nascosta tra gli alberi. E' un dialogo memorabile, soprattutto per le sottili sfumature attoriali di due personaggi che si sfidano verbalmente sul filo inquietante di un'ambiguità talmente sofisticata da entusiasmare chi, come me, predilige un cinema "d'attori". I due interlocutori sono l'ottimo Mc Gregor ma soprattutto un clamoroso Tom Wilkinson, attore che adoro da sempre, ma che qui dà vita magistralmente ad un ruolo che riassume in sè il mistero, l'ambiguità ed il Male. Il cast -come si usa dire, ma stavolta per davvero- è stellare. E Polanski ha "manovrato" da par suo degli attori che paiono gareggiare in bravura. Ewan Mc Gregor, qui probabilmente al punto più impegnativo ed elevato della sua carriera. Pierce Brosnan "ingessato" come il suo ruolo richiede. Olivia Williams la migliore di tutto il cast, con una prova d'attrice esaltante. Tom Wilkinson, come già detto, formidabile. Ma anche i ruoli minori sono affidati a delle star tutte in forma smagliante: da Kim Cattrall a Timothy Hutton e a James Belushi. E poi c'è un piccolo cameo di un attore cui vorrei tributare il mio affettuoso omaggio personale, l'ultranovantenne Eli Wallach, "un uomo un mito" verrebbe da dire, dati gli inevitabili ricordi che Wallach evoca in ogni cinefilo, con particolare riguardo al suo memorabile contributo all'epopea del "western italiano". Quella sua impagabile faccia da vecchio un pò rozzo e dai modi bruschi, è un pezzo di Storia del Cinema. Curioso, davvero molto curioso, riscontrare analogìe tra lo Ewan Mc Gregor di "Ghost Writer" e il Di Caprio di "Shutter Island". Provate a metterli a confronto e vedrete quanto siano accomunati dall'essere entrambi prigionieri di un incubo allucinante troppo più grande di loro, e per giunta tutti e due confinati su di un'isola dalla natura ostile e minacciosa. Concludendo. L'ennesimo film da non perdere di una stagione che si sta rivelando generosa di proposte interessanti. Ah, stavo dimenticando un dettaglio personale, ma che è l'ideale come finale "quadratura del cerchio". Sapete qual'è il film "cult" della mia vita? "Rosemary's Baby". Roman Polanski, ancora lui.
Voto: 10

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