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L'immortale

Regia di Richard Berry vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'immortale

di petweir
6 stelle

Polar piuttosto solido, diretto con mano sicura da Richard Berry, attore francese di lungo corso. E' la vicenda, tratta da una storia vera, di un boss marsigliese, Charles Mattei, soprannominato l'immortale per essere sopravvissuto miracolosamente a 22 colpi d'arma da fuoco. Berry, al di là di qualche concessione allo spettacolo – un abuso eccessivo di ralenti – maneggia bene le regole di un genere che, a differenza del noir di matrice americana, pare ancora molto praticato. Le facce sono quelle giuste: innanzitutto il volto stanco e ferito di Jean Reno, ormai quasi un “tipo” fisso per il cinema di genere, ma anche i coprotagonisti paiono efficaci, se non addirittura sorprendenti come il boss cinico, paranoico e spietato interpretato da Kad Mérad, noto finora al grande pubblico per essere stato uno dei due protagonisti della commedia Giù al nord. Ma anche tutti i comprimari – e che comprimari !: Jean-Pierre Darroussin, lo stesso Berry – funzionano. Soprattutto, Berry dimostra di aver fatto propria la caratteristica fondamentale di questo tipo di cinema assolutamente europeo, eppure esportabile (produce la EuropaCorp di Luc Besson): un intreccio semplice, quasi banale offre lo spunto per un approfondimento serio dei personaggi, spesso stretti tra l'incudine e il martello, il desiderio di cambiare vita, sulla soglia della pensione e l'impossibilità di cambiare pelle e, più di tutto, di riuscire vincitore da un conflitto impari col Destino. Il boss Charles come il Carlito Brigante di De Palma, si potrebbe dire. Ma là, nello splendido Carlito's Way, il contesto era quello della mala newyorkese e metropolitana degli anni '70, qui invece il contesto, assai suggestivo, è quello di una città marcia e spietata, eppure ricca di fascino come Marsiglia. Un crocevia di razze, etnie delle più diverse, dagli italiani immigrati in Francia da più generazioni ai nuovi gangster, i maghrebini. Una tragedia del Destino dove non mancano ritmo, una certa profondità psicologica e anche una riflessione realistica e non ovvia sul Male. Come quando nel finale Mérad, davanti a un Reno in cerca di vendetta ma con “stile” e dignità, in pratica senza agguati, o donne o bambini sulla coscienza, affermerà che il Male, c'è sempre stato, è dentro di noi e a poco davvero vale qualsiasi giustificazione, questa sì, davvero banale.

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