Regia di Karim Dridi vedi scheda film
Voto: 5/10. Titolo premonitore quella di questa pellicola francese del 2009, per lo spettatore certamente, forse anche per il regista, Karim Dridi: chissà se questo sarà il suo “Ultimo volo” nel mondo del cinema! Il quesito è legittimo, a giudicare dalla riuscita (?) di questo film. Eppure le aspettative erano alte, in particolare perché si riuniva la coppia (anche nella vita) Marion Cotillard e Guillaume Canet (a 7 anni di distanza del ben più riuscito “Amami se hai coraggio”) e per via del budget, 20 milioni di euro: bigliettoni che evidentemente sono volati via in una delle tempeste di sabbia del Sahara, dove è ambientato (più precisamente il Ténéré, tra Algeria e Niger), pur essendo stato girato in Marocco. La sceneggiatura (magari fosse solo il soggetto) è talmente sviluppata che a confronto un telegramma è una delle cantiche della Divina Commedia: 1933, colonia francese nel Sahara del sud STOP Contrasti tra il giovane tenente Antoine (G. Canet) e il suo superiore, il capitano Vincent (G. Marquet), per divergenti visioni sui rapporti con i Tuareg “ribelli” STOP Un bel dì atterra (per fortuna di Antoine… e per la nostra) l’aviatrice Marie (M. Cotillard) in cerca del suo amante inglese Bill, dato per disperso in quella regione STOP Vincent ha altre priorità, così Antoine accetta di aiutarla STOP Partono per l’estenuante ricerca STOP. Et voilà, non c’è altro: ripensandoci è più articolata la scritta “esplicativa” finale prima dei titoli. Pur ipotizzando che i problemi derivino dal romanzo di partenza (di Sylvain Estibal), è però un fatto che il regista diriga il “tutto” con una polpettosa classicità, senza nemmeno un saltuario picco di originalità. Infatti non annovero in questa categoria quei “black-out” che fanno capolino qua e là: non si sa se l’immagine viene meno per una precisa scelta di Dridi, perché non ha pagato la bolletta dell’Enel oppure perché ti sta calando la palpebra. Anche il contesto storico è buttato lì come fosse un cartellone pubblicitario, grande sì ma bidimensionale: sembra che le vicende personali di Marie incrocino per pure coincidenza i problemi fra i francesi e le popolazioni sottomesse (con relativo desiderio di riunirsi per una resistenza più efficace). Un peccato, sarebbe stato interessante un maggior approfondimento. Non meglio delineati sono i personaggi: appena accettabile Marie, anche grazie agli evidenti sforzi di immedesimazione di Marion Cotillard (di gran lunga la migliore del cast, pur non sfruttata al massimo del suo potenziale), anche se era legittimo attendersi qualcosa in più sul suo passato. Solo abbozzato Vincent, che si salva grazie all’efficace interpretazione di Guillaume Marquet. Da retrocessione il tenente Antoine, tanto tormentato quanto irritante, interpretato da un appannato, insopportabile e svogliato Guillaume Canet. Pure i dromedari sbuffano per tutto il film e tra questi suoni onomatopeici e le musiche del trio palestinese Joubran ho preferito i lunghi silenzi. Insomma, nonostante il profilo di cammelli e dromedari, questa pellicola è da encefalogramma piatto. Tutto si può riassumere con la sequenza in cui Canet chiede alla Cotillard, in mezzo al nulla, quale direzione debbano prendere, non ottenendo risposta alcuna (in un evidente momento di lucidità da parte dell’attrice sull’operazione cinematografica, seppur fuori tempo massimo).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta