Regia di Michael Patrick King vedi scheda film
Novantaquattro episodi e due film fa era l’alba di un mito oggi al tramonto. Pazienza, ce ne faremo una ragione, a condizione che Sex and the City 2 sia davvero l’ultimo capitolo della serie. Non brillano più Carrie, Miranda, Charlotte e Samantha, i loro problemi sono minuscoli e fastidiosi, quotidiani solo se vivi nell’Upper Side: la noia di un matrimonio perfetto, il pianto di un bambino, la paura di invecchiare. La crisi economica, di cui il film ha il coraggio di parlare, rimane sullo sfondo mentre scorrono fiumi di champagne, brand da milioni di dollari e appartamenti scolpiti nel marmo. È il cinema della Grande Depressione, si giustifica così Michael Patrick King, ma lui non è né Cukor né Hawks, e il pubblico non si ritempra con la solidarietà dei ricconi, s’incazza. Dal divano allo schermo, le ragazze più alla moda di Manhattan avevano lasciato un ricordo sbiadito due anni fa, ma questa volta l’operazione è davvero imbarazzante. La serie era riuscita a toccare dinamiche universali, nonostante il glam della Grande Mela. Il primo film, seppure un po’ noioso, aveva spremuto la formula fino in fondo. Nel secondo non c’è storia, né lo smalto di un tempo. Speriamo che il peggio non debba ancora arrivare.
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