Regia di Adam Green vedi scheda film
Cominciamo dalla cosa più banale che si può dire di questo film. Sono cose che hanno già detto tutti, ma è comunque doveroso ripeterle, giusto per "inquadrare" l'opera. Cioè che la pellicola si inserisce in un nuovo filone che pare avviato piuttosto bene, che sta riscuotendo interesse e consensi e che ha l'indubbio vantaggio (per i cineasti) di richiedere sforzi economici assai contenuti, data la costante esiguità dei cast. Il genere è quello dell'uomo solo che combatte la natura avversa per la propria sopravvivenza. E i film ascrivibili a questo filone sono finora essenzialmente due (oltre a quello di cui tra poco analizzerò i contenuti): "Buried (Sepolto)" e "127 ore". Il primo, con un Ryan Reynolds chiuso nello spazio angusto di una bara sepolta sottoterra, non era poi male, diciamo che incassava l'interesse verso una formula nuova e originale. Ricordo che ogni tanto l'attenzione perdeva quota ma, a fronte di qualche momento di noia, c'era un colpo di scena finale a mio avviso molto efficace, che gettava su tutto il film un'ombra di grottesco piuttosto divertente. Poi è venuto Danny Boyle, col suo candidato all'Oscar "127 ore". Ma qui il gioco si era fatto troppo duro per i miei gusti e ho preferito "passare". Essendo io consapevole che si trattava di storia realmente accaduta, ero certo che non avrei tollerato un finale così drammatico e lacerante (che non svelerò, visto che fra l'altro il film è tuttora in proiezione in qualche sala) e dunque ho scelto di saltare la visione di un film che in ogni caso ha incassato nelle nostre sale cifre considerevoli. E siccome dicono non ci sia due senza tre, ecco arrivare proprio in questi giorni nelle sale questo "Frozen", che presenta come credenziale il buon successo riscosso al Sundance, festival solitamente garanzia di prodotti di qualità. Questo anche per dire che il film ha qualche ambizione, se non autoriale, comunque di pellicola non banale, che allontana ogni sospetto di teen horror movie. A proposito di horror, il regista Adam Green è autore dei due episodi una miniserie slasher ("Hatchet") che è già un cult tra i fans dell'horror, peraltro credo in Italia entrambi usciti solo per il mercato home-video. Su questo film specialmente, ma un pò su tutto il filone, credo si renda necessario un giudizio che implichi anche qualche considerazione di carattere morale. So di affrontare una chiave di lettura che mi procurerà probabili accuse di moralismo, ma non ho esitazioni nel dire come la penso. Desidero premettere che sono abituale frequentatore del genere horror, e dunque non mi faccio impressionare dalle sequenze splatter; diciamo che più che altro mi annoiano e che preferisco, in questo ambito, un versante che declini più sul thriller o sullo "psyco". Anche se qualche elemento "trucido", se inserito con sapienza, non mi infastidisce più di tanto. Però c'è un fatto. Negli horror la violenza è spesso introdotta per esorcizzare, con intenti di parodìa, o per buttarla sul grottesco-paradossale, e quasi sempre con un retrogusto che permetta ed agevoli una lettura ironica anche nei momenti più efferati. Detto in due parole: l'horror è un gioco. Basato sulla complicità tra regista e pubblico (e sto pensando in questo momento ad un film come "Hostel"). Diverso (molto diverso!) si fa il discorso quando si indaga un fatto REALE (fiction d'accordo, ma basata su eventi realmente accaduti o comunque possibili ad accadere) attraverso i meccanismi visivi dell'horror. In altre parole si racconta di un fatto VEROSIMILE, mostrandolo allo spettatore nella sua deriva spesso più ESTREMA, utilizzando un linguaggio estetico spesso estremo, proprio per convincere il pubblico che quanto sta vedendo "potrebbe capitare veramente" (magari, perchè no, anche al pubblico stesso). Ovvio quindi che a questo punto non si gioca più col sangue. No, perchè si utilizzano espedienti psico-visivi che vogliono puntare a trasmettere allo spettatore lo stesso disagio, la stessa angoscia e disperazione che devastano i protagonisti del film. Capito come?...ci vogliono "devastare". Mah. Allora già che ci sono la dico tutta. Trovo tutto ciò privo di morale e anche scorretto. Qui siamo alla PORNOGRAFIA del dolore. All'HARD-CORE della sofferenza. Ci mostrano corpi dilaniati, arti amputati. Ma non è più (solo) un gioco di fantasia. Non siamo più in un Horror Circus. Quei cineasti ci propongono situazioni e scenari oltre il limite del sopportabile col sottinteso (molto ambiguo in verità) che "è fiction". Fiction sì, ma VEROSIMILE. E allora io individuo in questa messinscena un meccanismo morboso, perchè solo una persona malata può "vibrare" vedendo persone che si muovono nel loro stesso sangue, in ambiti possibili quando non addirittura ispirati ad eventi accaduti. Poi -per carità- ognuno è libero di godere come vuole e come può. Figuriamoci, c'è persino gente che si eccita con gli snuff movies! E con questo ho detto come la pensavo. E la mia mente va alla scena finale, con quella povera disgraziata che viene soccorsa da un automobilista di passaggio. Sapete cos'ho pensato? Alle decine di scene analoghe da me viste (uguali!) sui titoli di coda di tanti horror. Un esempio per tutti...la terrificante conclusione di "Frontières" di Xavier Gens, con quella poverina allucinata e spaurita che sembrava un pulcino bagnato e che camminava verso la libertà devastata e a passi incerti. Ecco. Tra quei due finali c'è un abisso in mezzo. In "Frontières" esci dal cinema esaltato per il talento di quella giovane attrice...In "Frozen" sono uscito dalla sala maledicendo di esserci entrato. Un conto è la sofferenza "rappresentata", altra cosa è se essa ti viene "confezionata" come autentica o comunque verosimile. E a questo punto mi è perfino passata la voglia di parlarne nello specifico, di questo film. Lo farò in due parole. Tre ragazzi (un pò sul nerd, due maschi e una femmina) programmano una domenica all'insegna dello snowboard, e si avviano verso una giornata votata al divertimento senza pensieri. Nel primo quarto d'ora, battute e schermaglie amorose quasi da teen movie, ma ben presto si piomba nella tragedia più devastante: i tre restano bloccati sulla seggiovia, ad impianto chiuso e deserto, mentre si sta per abbattere una bufera di neve, e con sotto un branco di lupi che aspettano solo di banchettare. Da quel momento sarà tutto un precipitare sempre più in basso, verso gli abissi del dolore fisico e del delirio psicologico, in un tripudio di sintomi da assideramento. Agghiacciante e -per quanto mi riguarda- insostenibile. I tre attori sono bravini, specialmente la ragazza (Emma Bell), molto carina ed espressiva. Ma a questo punto, come potete ben capire, anche di questi dettagli m'interessa ben poco. Mai più questo genere di cinema. Quando entro in una sala cinematografica cerco emozioni, ma di sicuro NON di questo tipo. Mai più.
Voto: 3
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