Regia di Richard Gabai vedi scheda film
Era da un po’ che Christopher Lloyd non si vedeva su grande schermo, e pure Wes Studi l’ultima volta ci era apparso mutato in un Na’vi, ma fa solo tristezza ritrovare due attori come loro in questa produzione. Il richiamo della foresta 3D è emblematico di una logica miope per cui film in tre dimensioni vale di più, a prescindere dalla qualità del film e dalle modalità d’impiego della stereoscopia. L’effetto del 3D è qui ben poco convincente e pare quasi aggiunto all’ultimo momento, tolte un paio di sequenze chiaramente pensate per sfruttare – comunque male – la terza dimensione. Infatti l’immersività, ossia il punto di forza della stereoscopia, è cancellata da inquadrature che prediligono anteporre i personaggi all’ambiente, tanto da farli apparire, in diverse scene, come pupazzi stagliati su uno sfondo fotografico. L’adattamento del testo di London è poi limitato alla lettura del romanzo che un’insopportabile bambina, materialista ma pronta a convertirsi dopo una decina di minuti in montagna, ascolta dal nonno prima di andare a letto. Il grosso del film racconta invece la sua vicenda tra gare di cani da slitta con un intreccio e uno stile da Tv movie Disney del pomeriggio.
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