Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Marco, Cedro, Ponchia e Paolino sono quattro amici; una volta affiatati, negli ultimi dieci anni non hanno avuto che contatti saltuari. Li riunisce Teresa, una ragazza spagnola che si rivolge al primo di loro, riferendo di essere la compagna di Rudy, un ulteriore membro della "compagnia" detenuto in Marocco per possesso di hashish. Teresa esprime la necessità di mettere insieme trenta milioni di lire, necessari ad ottenere la liberazione dell'uomo. Marco, Paolino e Ponchia preparano il denaro, e, insieme a Teresa, si mettono in viaggio in fuoristrada in direzione della Spagna, per poi poter passare in Marocco. Prima tappa, le Alpi, ove Cedro si era ritirato a vivere in solitudine. Seconda tappa la Francia; poi Barcellona, l'Andalusia, l'Africa, con Marrakech, infine il deserto. Durante il tragitto, i quattro, hanno la possibilità di confrontarsi con il loro passato, rileggere la storia della loro amicizia, fare un bilancio della propria vita, pensare al futuro. L'introspezione è unita al tema della "fuga dalla realtà" molto cara al regista; a questo proposito, il viaggio, più avventuroso man mano che il film avanza, è metafora della vita. Un percorso che può unire o allontanare, secondo gli eventi che capitano, in grado di plasmare, nel bene o nel male, gli animi; i sentimenti che legano le persone risentono di queste trasformazioni, evolvendosi a loro volta, ma non spegnendosi. Il regista, tramite i dialoghi dei suoi personaggi, ci racconta ciò. Inizialmente, i quattro sono diffidenti l'uno verso l'altro. Nessuno si fida a lasciar partire un altro - anche la sola Teresa - con il denaro; ognuno mostra risentimento, rimpianto, ma anche curiosità ed aspettative, per l'amico ritrovato. Perchè, benchè non abbiano rapporti da anni, essi, ammettono, riconoscono ed accettano - dentro di loro - di essere stati uniti, aver fatto affidamento l'uno sull'altro; di avere ormai un legame inscindibile. Il difficile percorso compiuto insieme rende evidente a loro la sopravvivenza di questo sentimento; tornano a comunicare, ridere, sperare, in una nuova consapevolezza di ciò che è stato e ciò che sarà. Per alcuni, questo momento segna un nuovo inzio. Paolino e Cedro, lasciatisi molto male a causa di una vicenda di donne decidono di riprendersi il loro "tempo perduto" trattenendosi insieme in Marocco; Ponchia auspica una continuazione del rapporto ritrovato. Marco, partito pieno di aspettative, in proposito, sembra mostrare un certo scetticismo. Rudy, recatosi in Marocco probabilmente alla ricerca della sua "Shangri-La", sembra non averla trovata, e mostra la consapevolezza, malconica - ma consolatoria, per chi non può abbandonare la propria quotidianità per motivi di famiglia, lavoro, etc. - che essa non sia in una località remota ed esotica, ma ovunque la si voglia trovare. Non esclude, infatti, un rientro in Italia. Il film è del 1989; mostrando i protagonisti un'età approssimativa tra i trenta ed i quarant'anni, s'immagina che siano stati adolescenti e giovani adulti negli anni ruggenti della "contestazione giovanile". Quanto rimane negli animi dei quattro dello spirito di quei tempi ? Al di là di piccoli elementi esteriori - l'accettazione dell'uso di droghe leggere, la "spesa proletaria" - che fine hanno fatto sogni, speranze, aspirazioni ed ideali ? Immagino che queste domande siano le stesse che si sia posta, per prima, la generazione di spettatori in grado di comprendere il film al momento della sua uscita; poi, le successive. Il tono del racconto è leggero; la malinconia permea la narrazione, sebbene non manchino sequenze divertenti. Ve ne sono di particolare impatto - l'improvvisata partita di calcio; la spontanea collaborazione al montaggio della trivella - o forte valenza simbolica - il vagare nel deserto, privi di equipaggiamento, con l'unico conforto della compagnia. Tra gli attori, nessuno delude. In particolare, però, ho apprezzato Diego Abatantuono, che veste i panni del più disilluso del gruppo. Lo immagino aver vissuto anni di prosperità economica e deserto morale, indurito dalla difficile occupazione di commerciante d'auto, alla disperata ricerca di un vero rapporto umano. Il film mi è piaciuto; non lo sento "mio", perchè non appartengo alla generazione raccontata da Salvatores, ed ho ritrovato gli interessanti soggetti e le condivisibili teorie (i "trentenni in crisi" - ora quarantenni - tanto cari al cinema italiano contemporaneno) in molte opere cronologicamente successive, ma da me viste precedentemente; tuttavia, ne riconosco la forza, e apprezzo il particolare stile con le quali il regista le racconta; dolce, maliconico, in grado di ispirare la riflessione e dare speranza.
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