Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Marrakech Express. Il road movie al quadrato e la quintessenza del Salvatores d'inizio carriera. Ogni volta che ho visto questo film, mi è presa la stessa strana sensazione: identificare ogni punto, ogni dialogo, ogni immagine che lo ha reso un film generazionale, ma allo stesso tempo notare come quelle immagini, quei dialoghi e quei punti facessero fatica ad arrivarmi come tali. "Mamma mia, in questo punto si saranno tutti immedesimati gli spettatori! Se lo saranno ricordati per tutta la vita...", ecco il mood è questo. Cederna, Abatantuono, Gigione Alberti e i loro personaggi mai del tutto cresciuti sono molto lontani da me, quel viaggio sgangherato dell'ultimo minuto è troppo indietro nel tempo: c'erano le dogane, i telefoni pubblici, la libertà di non sentirsi perennemente rintracciati od osservati. Io me li ricordo quei tempi, mi ricordo il doganiere, mi ricordo la coda al bar o alla cabina quando si era in giro (primo cellulare di mia mamma targato 1999), ma sono tutti elementi che lego alle mie memorie di bambino. Forse per questo, paradossalmente, Marrakech Express mi comunica di meno rispetto ad altri film generazionali molto più vecchi, di epoche mai vissute, mai viste e per questo mitizzate.
Di contro, ci sono alcune cose che mi fanno sentire simile agli iconici protagonisti, ora che pure io vado più verso i trenta che verso i venti. "Noi siamo l'ultima generazione coi ricordi in bianco e nero... ti ricordi Belfagor?"... e la mia è l'ultima generazione cresciuta senza internet, ve la ricordate l'enciclopedia? Prima connessione, addì 2006. Niente smartphone alle elementari e già il mondo in mano quando impari appena a contare fino a cento. Questo essere generazione finale di un mondo perduto o, comunque, generazione bastarda, mediana, mezza di qua e mezza di là è un tratto che mi ha colpito molto. Chissà, forse anch'io finirò in cerca di me stesso in qualche posto in bocca al lupo. Sebbene oggi il concetto di "viaggio" sia molto diverso rispetto anche solo a vent'anni fa. Finire in Marocco nell'88 doveva essere profondamente diverso. Allora manco la prospettiva di un viaggio per ritrovare se stessi ci è rimasta... forse un biglietto di sola andata per l'Asia centrale, poi da Bishkek son cazzi tuoi a tornare.
Viaggi (mentali) a parte, il film è indubbiamente piacevole. Road movie al quadrato perché iperbolico, sia per la portata del viaggio stesso, sia banalmente per numero e varietà di mezzi utilizzati e situazioni vissute - il deserto in bicicletta, top. La quintessenza di Salvatores poiché ha tutti gli elementi del suo cinema primordiale: amicizia, fuga, viaggio, la paura di crescere, esperienze che ti cambiano. A mio parere, Mediterraneo vale qualcosina in più e ha ricevuto una mazzata eccessiva dopo la vittoria dell'Oscar, percorrendo tutta la parabola discendente: che bel film, nomination, vittoria, ah forse non è così bello, ma dai non lo meritava ecc. ecc. fino a stabilizzarsi sul classico "sì, carino, ma". Io ritengo che Mediterraneo sia più maturo e più curato, proprio perché mi sembra che il punto di forza di Marrakech Express sia la rilassatezza, la distensione, la naturalezza di una storia strampalata scritta per personaggi strambi ma simpatici. In questo si ricrea perfettamente quella magia del cinema italiano di genere, quella palpabile voglia di cinema, quel chiarissimo "Dai, facciamolo! Non ci sono i permessi? Ma chissene... L'attrezzatura ci arriverà, il produttore qualche lira ce la sgancia". Salvatores è straordinario nel regalarti queste sensazioni, che sembrano le stesse sia dentro che fuori dalla narrazione.
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