Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
Penultimo film di Kitano, secondo di una trilogia sulla “distruzione” (e – aggiungerei - sullo smarrimento e la perdita dell’ispirazione, di motivazione e creativita’) che non e’ mai arrivata sul grande “italico” schermo. All’idea di un film che racchiudesse un po’ tutti i generi cinematografici pensavo anch’io da parecchi anni, convinto che potesse tramutarsi in un’opera interessante e suggestiva. Kitano osa l’impresa e aggiunge inoltre molta ironia autocitandosi senza pudore grazie ad una comicita’ minimalista a cui la fissita’ dello sguardo (ormai a livello di pietrificazione) contribuisce ad attribuire una malinconia di fondo che ha talvota caratterizzato i piu’ grandi comici.
Takeshi Kitano e’ un regista in crisi, e alla soglia degli undici film non riesce a trovare l’ispirazione giusta per intraprendere una nuova avventura in tal senso. Elabora mentalmente sceneggiature improbabili, cercando a tavolino una storia che possa consentirgli di raggiungere un successo di pubblico che fino ad ora ha avuto in una sola circostanza (e tra me e me pensavo a quale film alludesse, forse Sonetine…), gioca sulla fissita’ quasi caricaturale della sua figura facendosi sostituire, nei momenti piu’ difficili da gestire, da un pupazzo gonfiabile con le sue goffe sembianza (molto riuscita la sequenza iniziale della visita medica eseguita sul pupazzo anziche’ sulla persona).
Film insolito, strambo, a tratti francamente divertente, mostra un po’ di fiato corto dopo la prima meta’ scoppiettante in cui i progetti del regista senza ispirazione prendono forma visivamente, facendoci vedere come Kitano regista affronterebbe i vari generi cinematografici; e alla fine, come consolazione, ci rassicura il fatto che si tratta solamente di un bizzarro scherzo; come timore invece ci assilla il dubbio che Kitano abbia ecceduto in sincerita’ e la mancanza di ispirazione lo stia davvero caratterizzando.
Un dubbio che potro’ - almeno in parte – cercare di fugare nei prossimi giorni con la visione del successivo “Achille e la tartaruga”, sperando di poter scongiurare questa funesta ipotesi.
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