Regia di Daniel Barnz vedi scheda film
C’è un enorme e sostanziale problema alla base di questo adattamento teen della leggenda di La Bella e la Bestia. La questione è solo apparentemente frivola, in realtà svuota di senso l’operazione e finisce per renderla dannosa. Il problema è questo: la Bestia non è una bestia. Nell’innocuo e omonimo romanzo di Alex Flinn da cui il film è tratto, il superficiale Kyle viene trasformato nel classico mostro ipertricotico e zannuto, da cui la forzata reclusione che lo porta ad apprezzare la letteratura, il giardinaggio e l’intelligenza di una ragazza timida e buona. Nella versione cinematografica, rivolta (presumiamo) alla stessa disgraziata generazione che considera massima espressione del genio musicale Justin Bieber, l’incantesimo che affligge Kyle non fa niente di più che renderlo pelato e procurargli qualche bizzarro tatuaggio floreale sul cranio. La presunta deformità non gli impedisce di essere palestrato, depilato e vestito alla moda, rendendo del tutto risibile la sua autoreclusione e trasformando un apologo della bellezza interiore in apoteosi della superficialità e dell’esclusione del “diverso”. I corpi sintetici di Pettyfer e Vanessa Hudgens sono immuni a qualsiasi deformazione (per non spaventare troppo i fan?), (an)estetizzati e pericolosi: troppo belli fuori per preoccuparsi della loro interiorità, sono portavoce di una generazione che dovrebbe farci paura.
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