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Shrek e vissero felici e contenti

Regia di Mike Mitchell vedi scheda film

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La recensione su Shrek e vissero felici e contenti

di ROTOTOM
6 stelle

Non è un caso se il quarto capitolo delle avventure dell’orco verde porta nel titolo la frase conclusiva di ogni fiaba che si rispetti. Poiché questa è la fine. Dopo questo film Shrek e la sua famiglia potranno occupare stabilmente il posto che meritano dopo la lunga gestazione cinematografica necessaria per imprimere nella memoria collettiva un personaggio privo di quella nobiltà orale propria delle fiabe classiche che dal folklore popolare si sono viste trasposte nei libri prima e santificate dal cinema di Walt Disney poi.  

Terry Gilliam ce l’ha fatto vedere con il film sui fratelli Grimm.

 Il posto adeguato per Shrek è nel commercio, la memoria che si tramanda con gadget,  libri pop up per bambini, i dvd,  pupazzetti, zaini e le matite per la scuola. Miti creati a tavolino in modo estremamente professionale, geniali a loro modo nello sfruttare la struttura derivativa fatta di citazionismo spinto, ibridazione della cultura pop contemporanea inserita in  una storia allocata in un altroquando fantastico con la parodia sfrontata dei fondamenti morali della favola classica.

Shrek che all’inizio se ne stava beato a sguazzare e fare le bolle nella sua palude di fango nel brodo primordiale della fantasia, si è ritrovato  sbalzato di colpo in un’avventura in cui ha dovuto salvare una principessa dal drago, sfidare il parentado di quest’ultima, rinfoderare i modi bruschi tipici dell’orco, mettere su famiglia per vivere felice e contento,  per sempre.
Il quarto capitolo della saga, disponibile ancora una volta nell’ingombrante, inutile e costoso 3D, inizia proprio così, con il riassunto di quanto accaduto nei precedenti episodi e con l’orco, sempre più stretto tra puzzette neonatali, pannolini e routine coniugale , sorpreso a sperare in un nuovo giorno da orco vero.

Tornare ai tempi gloriosi del primo film magari, quando stupì il mondo coi suoi modi amabilmente rozzi e i villici scappavano al solo vederlo e i suoi rutti scompigliavano le chiome degli alberi di tutto il regno di Molto Molto Lontano.

Ce la fa, con l’aiuto di un losco intermediario, *Tremotino che lo beffa con un contratto magico ripieno di codicilli e clausoline come il peggiore degli assicuratori porta a porta.

Il ritorno al futuro dell’eroe che capisce di aver perso tutto ciò che aveva di più caro sarà così molto difficoltoso.  E anche un po’ ricattatorio in effetti, un po’ retorico e tirante alla commozione, situazioni e stati d’animo diversi da quanto visto nei precedenti episodi anche se i momenti divertenti certo non mancano.

  Shrek ha perso quella salvifica spensieratezza che lo rendeva amabile e godibile, le diegetiche responsabilità famigliari  e quelle extradiegetiche di incasso al botteghino  ne hanno offuscato lo sguardo, segnato il volto, reso più matura e meno scanzonata la trama dell’avventura.

Si torna così a quanto detto precedentemente: non avendo la solida base archetipica delle fiabe, una volta attenuato il ricorso a citazioni e rimandi, il film ne risente. E’ una storia fantasy classica, e quindi più adulta, girata in modo superbo s’intende e con l’animazione allo stato dell’arte  ma  si ride senza  il fanciullesco stupore che le fiabe riescono a stimolare. Sempre di più sono i comprimari/spalle a coprire il gap di follia necessaria a film come questo, Ciuchino e Gatto con gli Stivali sono sempre grandi caratteristi. Ma è il bersaglio grosso (e verde) ad essersi fatto un po’ da parte.

Gli autori se ne sono accorti, quasi che la loro creatura avesse una propria vita autonoma e cosciente. Una delle ultime immagini del film è il libro della fiaba di Shrek che viene riposto sullo scaffale, a prendere polvere.

E così sia, prima che il mito venga del tutto stravolto e con il timore di ritrovare il nostro ingombrante amico in giacca e cravatta a vendere enciclopedie nella foresta, pagare le rate per il monovolume e dannarsi per i suoi pargoletti orchetti che adolescenti cominciano a fumare qualche spinello mentre Fiona sempre più s’incazza per il tubetto del dentifricio lasciato di nuovo aperto, prima di tutto questo è meglio fermarsi.
E’ triste quando la fantasia abbisogna delle pochezze reali per farsi intendere, significa che sempre di più non sappiamo affrancarci dal nostro piccolo mondo, neppure per lo spazio di una fiaba.   

 

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