Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
Il thriller, per Hitchcock, è il luogo oscuro in cui il melodramma sfiora il terrore; il sentimento è il veicolo del mistero nel momento in cui, con la sua intensità, arriva a toccare le più profonde corde dell’anima, laddove si annida l’insondabile contenuto dell’inconscio. Rosso è il colore dell’amore, della violenza, del fuoco, di tutto ciò che investe la persona suo malgrado, causandole stupore e sofferenza; per Marnie quella vista è l’abbagliante ritorno di fiamma di un evento traumatico ed incomprensibile, che, nella confusione della mente infantile, ha mescolato i germi immaturi di tante diverse passioni, dalla gelosia alla rabbia, dalla paura all’odio, fondendoli in un nodo inestricabile, tale da causare in lei un blocco emotivo permanente. Come in Vertigo o Io ti salverò, il giallo ruota proprio intorno alla persistenza di una componente dissonante, dalle origini ignote: l’enigma non si esaurisce nella mancata conoscenza di un assassino, di un movente, di una circostanza delittuosa, ma circonda la storia nella sua totalità, segnalando di continuo la propria presenza nel doppiofondo delle vicende raccontate. Questa poetica della “realtà malata” è, nel contempo, romantica e ironica, perché riveste le debolezze umane di un alone di tragica ineffabilità che, però, nasconde la banalità dei nostri impulsi, con cui noi cerchiamo, maldestramente, di sfuggire al nostro senso di impotenza. Anche in Marnie gli uomini appaiono piccoli, minuscoli dettagli in movimento nella sontuosa cornice del mondo, in cui forse sono, addirittura, antiestetici elementi di disturbo.
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