Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Ridley Scott rimane comunque il regista del più bel film della mia vita: I duellanti. Come può arrivare, allora, a girare ciofeche simili? Certo il tema era iperusurato, e di quest’ennesima variazione non se ne sentiva la mancanza prima, ed a maggior ragione… dopo. Per esaltare Flaccid Crowe, tutte le altre (mezze) figure sono state ridotte a pupazzetti di contorno e quando avrebbero potuto decollare (come forse la Blanchett) eccole precipitare nel ridicolo (in)volontario, come con l’assalto finale in spiaggia, appunto della Cate, a capo di un manipoletto di sbarbatelli. Ma iniziamo dalla fine dove una sibillina didascalia annuncia: “…e qui inizia la leggenda di Robin Hood”. Il riferimento infatti è per l’altra quindicina di film che questa leggenda l’hanno già rivoltata come un calzino, e per il libro, letto da adolescente almeno una decina di volte e che la leggenda la impose a splendidi caratteri per ogni futura trasposizione.
Scott se ne arriva tomo tomo a fondo di barile ormai definitivamente raschiato, ed infatti ci propina un polpettone disumanamente ridicolo, lento, approssimato, con gli inglesi sopra le righe ed i francesi costantemente tra le nuvole, col nulla che s’insegue vorace, le canzoncine da osteria a scimmiottare ballate medievali, le osmosi di Robin formato Sommersby, qualche freccetta clonata da Matrix, gli intrighi tra Riccardo (cuoricino di leone), Giovanni (serpe in seno), Filippo di Francia (in costante aria Bohemien) ed i loro pateticomici tirapiedi. Nessuna memoria dei tempi frenetici e della tensione gladiatoresca, ci si barcamena ingenui e sonnacchiosi. Di leggendario non v’è traccia.
140 minuti di attesa per assistere ad 8 minuti di sbarco in Normandia alla rovescia che lascia allucinati dalla pressapochezza delle scene di battaglia (?!).
Ed a Cannes l’hanno presentato pure come film d’inaugurazione, ‘stì francesi masochisti… che fenomeni!
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