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Le cronache di Narnia. Il viaggio del veliero

Regia di Michael Apted vedi scheda film

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La recensione su Le cronache di Narnia. Il viaggio del veliero

di Spaggy
8 stelle

"E il navigar m'è dolce in questo mar". Il terzo capitolo delle imprese degli abitanti di Narnia e del mondo reale, basato sul quarto libro di Lewis, sorprendentemente nonostante risulti narrativamente "moscio" in qualche punto riesce ad essere migliore dei due precedenti episodi. E, paradossalmente per un film fantasy, è migliore proprio per aver abbandonato l'abbondanza di figure fantastiche e combattimenti per rifugiarsi nelle riflessioni di un lungo viaggio interiore che porterà gli adolescenti protagonisti a diventare uomini e donne, a raggiungere la maturità.

Questo passaggio di stile è da attribuire all'apporto del regista Michael Apted, che sembra ormai azzeccare un film ogni dieci girati. Chi lo accusa di averne fatto un lavoro incentrato sulla religione cattolico-cristiana (dimenticando che in realtà il romanzo era pregno di simbologia cristiana) dimentica che esistono valori universali comuni a tutte le forme di credo o alle norme di vita necessarie per far sì che la paura hobbesiana dell' "homo homini lupus" si realizzi concretamente.

Il viaggio in veliero fino ai "confini del mondo" (purtroppo il richiamo disneyano quando si realizzano scene su galeoni o velieri diventa inevitabile oggi) si presenta come il viaggio della vita sia per Edmund e Lucy, gli unici due protagonisti rimasti dopo che i fratelli Peter e Susan divenuti adulti si sono trasferiti in America, sia per il loro antipatico e presuntuoso cuginetto Eustace: i tre vengono risucchiati dal vortice d'acqua che fuoriesce da un quadro per aiutare il principe Caspian in una nuova avventura/missione, tesa a ritrovare sette Lords scomparsi misteriosamente.

Il viaggio, dopo una serie di avventure e peripezie, colme di effetti speciali visionari, permetterà ad ognuno dei protagonisti di acquisire consapevolezza della propria essenza, imparando a contare sul proprio io e allontanando paure e incertezze, con l'aiuto del leone/Maestro Aslan: Lucy ed Edmund capiranno l'importanza dei loro ruoli per Narnia e per la propria famiglia d'origine senza dover necessariamente sentirsi inferiori (o provare invidia) ai fratelli maggiori o (in uno scontro dettato dalla superbia) al principe Caspian; Eustace plasmerà il suo carattere rifuggendo l'accidia, l'ira e l'antipatia verso i cugini che lo caratterizzavano nel mondo reale; Caspian realizzerà che l'apprezzamento di ciò che ha vale più del rimpianto di ciò che non ha potuto vivere, lasciando che il passato lasci il posto al presente e al futuro.

Il veliero viaggia costantemente in mare, in una grande distesa d'acqua e il parallelismo sia con l'origine della vita sia con la gestazione è subito evidente: dopo esser stato in acqua, ogni personaggio appare rinato e destinato a nuova esistenza. E come in ogni vita non sempre le acqua scorrono tranquille.
Il Male, come sempre, è destinato ad essere annientato e ciò non accade semplicemente eliminando fisicamente il nemico: viene sconfitto nel momento in cui ogni protagonista lotta con il proprio inconscio, resistendo alle tentazioni, sbagliando e ravvedendosi o sconfiggendo le proprie paure più nascoste.

Questo lungo viaggio è costellato da simboli legati al mondo dell'esoterismo e delle religioni antropomorfe: dal numero sette che ricorre ossessivamente per tutto il film (sette sono i Lords da ritrovare, sette sono le spade d'oro da portare sulla tavola di Aslan, sette le tentazioni/peccati da superare) al libro di incantesimi e stregonerie, dai sortilegi al pensiero finale di Aslan ("mi ritroverai nel tuo mondo ma con un altro nome"), dal Male che si manifesta sotto forma di serpente (marino) alla Stella Azzurra da seguire (e qui l'associazione con la Stella Cometa è d'obbligo), dall'albero maestro del veliero che viaggia come se fosse una croce dinnanzi all'Isola del Male alla Terra di Aslan (colonne d'Ercole ma anche Paradiso per chi ne è degno).

Non mancano di certo i personaggi e gli scenari fantastici: palazzi invisibili e creature con un solo piede, dalla pozzanghera d'oro alle isole disabitate, dal grande drago al già noto topo Reep, a cui spetterà una delle azioni più impavide del film.

Proprio per tenere fede al discorso sull'interiorità, il regista sceglie di rappresentarci pochissime scene di battaglia e/o scontri.

Inevitabili invece i rimandi al "già visto": dal veliero che ricorda i "Pirati dei Caraibi" al drago che cita "Dragonheart", dalla ricerca delle spade che richiama la ricerca del vello d'oro degli "Argonauti" al viaggio in mare alla "Master & Commander" e all'approdo in isole desertiche e misteriose come novelli conquistadores in "Cristoforo Colombo".

Infine, l'uso del 3D permette di regalare qualche "oh" di stupore: dal titanico veliero all'incantesimo della neve, dal fiato parlante dei "mostri invisibili" alla grande nube verde, dall'immensa onda verticale che separa il mare fiorito della Terra di Aslan (onda che ricorda quella vista nei "Dieci comandamenti" demilliani) al panoramico surf di Reep sulla stessa; dall'apparizione "nebulotica" della splendida cattiva Tilda Swinton alla bellezza ancestrale e blu di Lilliandil, la Stella Azzurra.

Oltre all'interpretazione della Swinton, pochissime scene ma la sua cattiveria è memorabile, lodevole è anche lo sforzo del giovane Barnes di non fare di Caspian un personaggio dark e stucchevole, come avvenuto nel secondo episodio.

Alla fine del film si rimane col rimpianto di non aver visto né la Terra di Aslan né l'isola del Male: Paradiso e Inferno sono destinati a rimanere incogniti ai personaggi reali, al momento. Ma le successive missioni che sicuramente Eustace potrà portare a termine lasciano sperare. Lucy ed Edmund ormai come i fratelli Susan e Peter sono destinati a non rivedere mai più Narnia: ne conserveranno il ricordo nel cuore, una sorta di "Isola che non c'è"...

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