Regia di David Lynch vedi scheda film
La camera oscurata è la trappola freudiana del nostro inconscio, in cui il nostro malessere si annida, è il vicolo cieco in cui terminano i nostri labirintici viaggi introspettivi. Al traguardo ci attende la piena consapevolezza del dolore, ovvero la sua immagine visibile, che, però, non ci permette di capire nulla, perché non ne rivela le origini, né le circostanze. Abbiamo, finalmente, la certezza di soffrire per qualcosa che ci è accaduto, ma manca il collegamento tra l'evento e la nostra attuale condizione. Coerente e limpida è solo la realtà che ci circonda, che, però, è anodina ed impersonale, perché fondata sui tratti generali di una logica universalmente condivisa. Alla luce del sole tutto appare normale ed evidente, familiare e privo di problemi, perchè riconducibile a categorie semplici e comuni (il lavabo), e all'umanità in senso globale (il consumo mondiale di banane, la folla per la strada). Il nostro sguardo sul mondo esterno è una superficiale suggestione di insieme, in cui accettiamo per vero anche ciò che non vediamo (Dove sono le banane?), perché la conoscenza è, per lo più, informazione indiretta e stereotipata. La percezione della nostra interiorità è invece una sensazione profonda e complessa, intraducibile in parole e concetti, e che, pertanto si esprime solo per simboli (la bambola) ed emozioni (il pianto). "The darkened room" racchiude il senso della tragicità lynchiana, basata sulla convinzione che l'unico principio assoluto a cui si conforma l'attività della nostra mente sia un'autonoma ed irrazionale incomprensibilità.
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