Regia di Stephen Quay, Timothy Quay vedi scheda film
Affrontare un'opera dei fratelli Quay è come imbattersi nelle sensazioni rarefatte e indefinite provocate da un sogno una volta che ci si è destati. Bisogna sforzarsi di ricordare e rimettere insieme i cocci di un qualcosa che non appare propriamente chiaro ma che è stato particolarmente intenso.
Così avviene con questo corto di 20 minuti, "Street of Crocodiles" , tratto da "Le botteghe color cannella" di Bruno Schulz, visionario scrittore galiziano definito da un amico degli stessi Quay come "il Kafka polacco".
Questi geniali fratelli mettono in scena, mischiando (poche) immagini dal vero con animazione in stop motion, il loro teatro in miniatura. Un mondo parallelo in cui gli oggetti inanimati come per magia si animano, si muovono e diventano i protagonisti della scena. Una realtà che i Quay definiscono "alterità oggettivata" con le sue leggi e la sua lucidità.
La mdp si muove come un microscopio su porzioni di vita sennò invisibili, "stringendo" (sul)le inquadrature e riserbando grande attenzione per i dettagli. Se nelle prime sequenze "dal vero" predomina un bianco e nero virato su riflessi azzurrognoli, in quelle ricreate (a passo uno) domina una patina dai toni metallici o più propriamente arrugginiti che ben si sposa con le scenografie e con le viti....."danzanti".
La società è dominata dal materialismo; una vuota facciata priva di sostanza; una facciata che sorge su pericolanti fondamenta. Così forse possono essere interpretati i pupazzi dalla testa cava e senza occhi che qui in "Street of Crocodiles" riassemblano un altro pupazzo (diverso però da loro).
I Quay hanno assorbito alla perfezione la lezione svankmajeriana e portano in scena una sorta di danza lievemente macabra e profondamente decadente, in cui per tutto il tempo si respira un'aria malinconica e triste, ma anche estremamente delicata. Un'atmosfera priva di dialoghi e sospinta dal gioco dei rumori battenti e dal morbido violoncello della colonna sonora firmata Leszek Jankowski.
Non mi stupisce affatto che Peter Greenaway straveda per "Street of Crocodiles". Anche lui, come i Quay, ha sempre cercato e percorso nuove vie di espressione artistica.
"...quando Schulz ne 'Le botteghe color cannella' argomenta sul "tredicesimo mese dell'anno" penso che abbia trovato una metafora che ben si adatta all'animazione, o meglio all'animazione che vive ai margini della produzione "mainstream", che non è colonizzata dagli idioti, o dalla televisione. Noi vorremmo che l'animazione fosse come una nota a margine, una sorta di grande apocrifo... nello stesso modo in cui lo erano i lavori di Bruno Schulz..."
Tymothy & Stephen Quay
8,5
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