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In Absentia

Regia di Stephen Quay, Timothy Quay vedi scheda film

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carlos brigante

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La recensione su In Absentia

di carlos brigante
10 stelle

Affrontare la visione di quest'opera dei fratelli Quay catapulta lo spettatore in un'altra dimensione. Una dimensione dall'atmosfera alienante e dalle parvenze onirico-horrorifiche. Le immagini grigio-nere acompagnate dalle tenebrose quanto estranianti musiche di Karlheinz Stockhausen sembrano create ad arte per generare l'incubo, ma non è proprio così. I Quay desiderano "rappresentare il sofferto paesaggio mentale della protagonista" e durante un intervista a Trieste del 2001 rispondono in questa maniera a chi chiedeva loro riguardo all'atmosfera da incubo claustrofobico che si respira nei loro lavori:

"Non si tratta di incubi, noi pensiamo veramente che l'animazione possa creare un'alterità, e ciò che noi vogliamo raggiungere con i nostri film è un'alterità "oggettivata", non un sogno o un incubo ma un mondo autonomo ed autosufficiente, che abbia le proprie leggi, una lucidità...è un po' come quando si osserva il mondo degli insetti, ci si chiede a quale logica rispondano i loro comportamenti, non possono dialogare con noi per spiegarci cosa fanno, è un miracolo bizzarro. Ecco, penso che guardare uno dei nostri film sia come osservare il mondo degli insetti... La stessa logica d'altra parte si può trovare nel balletto, dove non esiste il dialogo e tutto si basa sul linguaggio dei gesti, della musica, del ritmo, che vanno interpretati dallo spettatore. Non ci piace utilizzare dialoghi, ci bastano la musica e i movimenti, la luce, i suoni."

Le interpretazioni dello spettatore e gli intenti dell'autore sono spesso contrastanti. Di sicuro non si possono tenere a bada le sensazioni. Ognuno si lasci trasportare dalla propria soggettività.

Senza svelare troppo, "In Absentia" potrebbe essere visto come il canto d'amore tormentato, ma al tempo stesso ardente e sincero, di una mente che ha intrapreso altre strade; deviazioni rinchiuse in uno spazio istituzionalizzato.

Qualcuno, poi, per descrivere quest'opera potrebbe essere tentato d'utilizzare l'aggettivo "lynchano". Non sarebbe corretto, poichè Lynch non ha l'esclusiva dell'Impero della Mente. Nel passato e nel presente gli autori che si sono addentrati in maniera "non convenzionale" in questo mondo a parte, sono innumerevoli: Maya Deren, Bergman, Svankmajer, solo per citare qualche nome, oltre ovviamente agli stessi Quay...

NOTA: per chi volesse leggere l'intervista integrale ai fratelli Quay, ecco il link:
http://www.horschamp.qc.ca/new_offscreen/quay_italian.html
Sarebbe meglio farlo dopo aver visto il cortometraggio....

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Ultimi commenti

  1. marlucche
    di marlucche

    un altro colpaccio di carlos brigante....! vado a scovarlo!!!! garzie!

  2. carlos brigante
    di carlos brigante

    oh ciao marlucche!! ti conviene cavalcare il mulo per questo gioiellino dei Quay! ;) già che ci sono ti consiglio altri due cortometraggi davvero interessanti visti ultimamente: 1) "The Cabinet of Jan Svankmajer" 20' circa sempre dei fratelli Quay; 2)"Darkened Room", 8'di David Lynch....questi ultimi sono reperibili su youtube se non sbaglio...aspetto un tuo parere a riguardo. un saluto

  3. maldoror
    di maldoror

    Finalmente sono riuscito a vederlo, dopo quasi tre settimane di tormento! Piuttosto interessante e inquietante, non c'è che dire, però credo che l'aggettivo lynchano sia più che adatto per definire questa operazione; va bene che già molti altri autori si sono cimentati nell'esplorazione dell'inconscio e di territori "altri", ma considerando le modalità, direi che guardando questo lavoro dei fratelli Quay il pensiero non possa non correre subito a Lynch e soprattutto ad Eraserhead: già la tematica stessa della realtà deformata e filtrata attraverso la follia di una donna, una donna innamorata per giunta, fa pensare subito agli ultimi film del regista americano; ma anche lo stile visivo, lo stato morboso e patologico concretizzato da immagini fra l'astratto (quella specie di piattaforma che si vede all'inizio) e l'onirico, il bianco e nero sporco simil-espressionista, i primissimi piani stranianti sugli oggetti (le matite e il temperamatite), fino alle stesse intenzioni poetiche, ovvero la volontà di creare una realtà totalmente altra e oggettivata anzichè semplicemente un incubo o un'allucinazione, a mio avviso le ritroviamo quasi identiche in Eraserhead, soprattutto. Comunque interessante segnalazione, come sempre.

  4. carlos brigante
    di carlos brigante

    tre settimane!? Un vero calvario maldoror! però ne è valsa la pena ;) Ciò che dici è anche vero. Ho scritto quella fase perchè troppo spesso si utilizza l'aggettivo "lynchano" e anche perchè si riallacciava alle parole dei gemelli Quay che più che di incubo desideravano parlare di una realtà autonoma, una "alterità oggettivata" distaccata da contorni onirici

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