Regia di Arne Mattsson vedi scheda film
In un villaggio svedese due innamorati vengono osteggiati dalle rispettive famiglie, dal pastore luterano, e quindi da tutta una comunità, la quale non dà spazio ai sentimenti.
E' un'interessante opera svedese, a metà tra il sentimentale e il drammatico/tragico. E' una delle poche pellicole svedesi che, in epoca pre-Bergman, furono esportate all'estero, tra cui in Italia.
Colpisce subito lo stile registico agile e tutt'altro che piatto o convenzionale. Il regista infatti ci offre inquadrature originali e ben studiate, oltre che movimenti di macchina non banali. Dal punto di vista tecnico, la pellicola non ha niente di rudimentale o acerbo; in un'epoca in cui il cinema svedese era ancora piuttosto giovane, rivela maturità e consapevolezza dei mezzi.
Quanto alla tematica, si tratta di una chiara condanna della gelida visione del protestantesimo svedese quanto all'amore e ai rapporti tra i sessi, incarnata dal pastore del villaggio, uomo arcigno e freddo, che è la vera causa della disgrazia. E' una figura che abbiamo visto anche in alcuni film di Bergman (come Fanny e Alexander). Anche il ragazzo, bisogna dirlo, difetta un po' di fermezza e di indipendenza di giudizio. A farne le spese non sarà solo il loro amore, ma soprattutto lei, vera vittima innocente di una società sbagliata.
Il regista spezza una lancia per l'amore e per i rapporti sessuali degli innamorati, e critica la gelida visione protestante dei sentimenti e del matrimonio. Ma chissà se immaginava che in un paio di decenni il suo paese sarebbe approdato all'estremo opposto, cioè all'idolatria del sesso, meglio se senza amore?
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