Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film
David (Jean Sorel), un giovane borgataro divenuto padre, vaga per Roma e i suoi dintorni in cerca di un lavoro qualsiasi per sfamare la propria famiglia.
Tratto da Moravia e dal medesimo co-sceneggiato con P.P. Pasolini e Marco Visconti, 'La giornata balorda' può essere considerato, con 'La notte brava', un dittico che Mauro Bolognini ha dedicato a una certa gioventù di un epoca in cui stava per scoppiare il boom economico, che avrebbe portato ricchezza e prosperità in Italia, ma in cui si notavano già le crepe di un sistema economico traballante e problemi annosi come quello che viene qui affrontato, cioè la ricerca spasmodica e disperata di un lavoro, la cui mancanza, oltre che insicurezza e incertezza sul proprio futuro, arreca problematiche correlate, come ad esempio l'alienazione.
I due film - entrambi di buona fattura - si distinguono soprattutto per il fatto di essere un film corale il secondo, con nessun personaggio che si staglia nel ruolo di protagonista e, per contro, il primo, incentrato sulle vicissitudini di un solo individuo, attorno al quale ruotano tutti gli altri.
'La giornata balorda' possiede un incipit di rara bellezza formale, con un piano-sequenza di circa tre minuti in cui, dal di sotto (contro-plongé), viene inquadrata una casa di ringhiera, strutturata su più piani, con più persone affacciate sui balconi e i panni stesi ad asciugare, sullo note della partitura musicale di Piero Piccioni, inframmezzata da un dialogo tra un netturbino ('monnezzaro' nella parlata gergale) e un abitante del posto (mi sembra di riconoscere la voce di Ferruccio Amendola) prima, e il vociare della gente e le note di una canzone accennata in romanesco poi e si avvale di una ricercata bellezza formale per ogni singola scena: inizialmente David vaga, con poco costrutto e convinzione, da un ufficio ad un altro, sballottato tra impiegati nullafacenti, funzionari poco ligi al dovere (Paolo Stoppa), poi per raccomandazione riesce a trovare un lavoro, che si rivelerà losco, conoscerà una donna (Lea Massari), per altri motivi, anch'essa piuttosto alienata - pare arrivare direttamente da 'L'avventura' di Antonioni, da dove era misteriosamente scomparsa - e sistemerà la sua situazione con uno stratagemma poco ortodosso.
Bolognini riesce a mediare tra le due anime da cui deriva il film, ossia quella alienante, moraviana, analizzata specialmente nella prima parte dell'opera, con il vagare senza meta del protagonista tra gli uffici della capitale, e quella sottoproletaria, pasoliniana, mostrando squarci di miseria quotidiana, tanto in città quanto nelle campagne desolate, fotografate da Aldo Scavarda, anche se il viso e l'aspetto di Jean Sorel (e delle belle presenze femminili, che popolano il film, oltre alla Massari, vanno ricordate una giovanissima Valeria Ciangottini, la madre del bambino di David, Jeanne Valérie, una squillo e Isabelle Corey) non sono proprio 'pasoliniani', ma tuttavia compensati dalla bravura dell'attore francese, cesellando un lavoro di buona fattura, con solo qualche scompenso a livello di ritmo, anche se non si riesce a capir bene se provocato dalla letterarietà del soggetto oppure dalla censura di più scene tagliate, che avranno messo a dura prova il lavoro del fidato ed esperto Nino Baragli.
In ogni caso, un bel film.
Voto: 7/8.
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