Regia di Lucas Belvaux vedi scheda film
Ispirato al celebre "Affaire Empain" (il sequestro avvenuto nel 1978 del barone e uomo d'affari Édouard-Jean Empain, all'epoca direttore generale del gruppo Empain-Schneider), Rapt è il settimo lungometraggio di Lucas Belvaux, attore, sceneggiatore e regista belga autore della famosa trilogia del 2002 (comprendente la commedia Un couple épatant, il polar Cavale et il mélo Après la vie). Rapt segue molto da vicino la vicenda del rapimento Empain senza tuttavia riprodurla alla lettera: se la dinamica del sequestro, la mutilazione di un dito dell'ostaggio, la lunga durata della prigionia e le negoziazioni tra familiari e rapitori ricalcano i fatti del 1978, Belvaux cambia il nome del sequestrato da Empain a Graff, traspone gli avvenimenti ai giorni nostri, modifica parzialmente le ambientazioni e, soprattutto, dà maggior peso al periodo successivo alla liberazione, ponendo l'accento sul clima di freddezza e anaffettività che accoglie il suo ritorno in famiglia.
Come accennato, Belvaux non è nuovo al polar-thriller: non solo il già menzionato Cavale, tassello centrale della trilogia, ma anche lo splendido noir sociale del 2006 La raison du plus faible. In questi due film il cineasta e attore belga (protagonista del primo e presente nel secondo con un ruolo tutt'altro che irrilevante) approcciava il genere dal basso, mostrando un relitto della lotta armata intenzionato a continuare l'attacco al capitale da solo (Cavale) e descrivendo il fallimentare tentativo di rapina a un'acciaieria di tre emarginati in un quartiere industriale di Liegi (La raison du plus faible). Militanza politica fuori tempo massimo e sogni di rivalsa proletaria costituivano le linee guida su cui plasmare il genere in chiave politica. Pur non snaturando l'approccio politico (il discorso di fondo rimane immutato: il sistema capitalista prescinde dai singoli individui limitandosi ad usarli), Rapt integra i due polar precedenti spostando l'attenzione su un altro strato sociale: non più il proletariato urbano, ma l'alta borghesia e il padronato nei loro addentellati con le istituzioni e il potere.
Quello che conta in Rapt non è soltanto l'aspetto umano della vicenda (un uomo influentissimo che si trova esautorato e abbandonato da un giorno all'altro), ma anche i meccanismi di difesa messi in atto dal sistema: il consiglio di amministrazione del gruppo, le alte cariche politiche e gli organi di polizia ostacolano con disarmante compattezza ogni tentativo di cedere alla richiesta dei rapitori. Ne va della loro forza economica, della loro reputazione pubblica, della loro efficienza: il sistema può sacrificare il singolo, ma non deve fare a meno della sua efficacia. Non può essere depotenziato. Alla messa al bando della pedina debole collaborano naturalmente i mezzi d'informazione, braccio mediatico del potere: stampa e televisione sfruttano le inchieste della polizia per gettare fango su Graff, trasformandolo nella caricatura del ricco playboy che sperpera i beni del gruppo giocando a poker, facendo la bella vita e circondandosi di amanti appariscenti. Il gioco al massacro non risparmia i vizi privati di Stanislav Graff (Yvan Attal), demolendo la sua credibilità su ogni piano.
Quello che sopravvive al sequestro, alle mutilazioni e agli sputtanamenti è un uomo isolato, sfibrato, impotente: il suo braccio destro Peyrac (André Marcon) approfitta della sua prigionia per fargli le scarpe, la moglie Françoise (Anne Consigny) non lo riconosce più come un individuo in grado di sopportare pesi eccezionali e le figlie fuggono indignate di fronte a un padre diverso da quello che credevano. Solo il cane gli resta fedele. Ma se la parabola umana e sociale è tratteggiata con rigorosa nettezza, Belvaux si mostra meno a suo agio nelle stanze del potere che nei rifugi dei latitanti e nei miseri appartamenti degli operai: la sua rappresentazione dell'alta borghesia e della finanza è piuttosto generica e convenzionale, adagiandosi su una descrizione priva di sfumature e particolari circostanziati.
Non a caso le parti più incisive di Rapt restano quelle in cui gli spazi e i tempi dell'azione beneficiano di una contestualizzazione precisa (anche se non necessariamente nominata): la sequenza del rapimento, la prigionia a due stadi (in una tenda all'interno di una grotta prima, in una cella di cemento grezzo poi) e la lunga trafila per la consegna del riscatto che culmina nell'arresto di uno dei sequestratori (cattura che risulterà decisiva per la liberazione di Graff). In definitiva, un polar che si inserisce perfettamente nella declinazione politica del genere che Belvaux porta avanti da anni con esemplare coerenza, ma che sconta una conoscenza meno dettagliata e diretta dei meccanismi che regolano le ragioni dei più forti. Visto dall'alto, il polar rischia di trasformarsi in teorema. Uscito nelle sale francesi il 18 novembre.
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