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Crazy Heart

Regia di Scott Cooper vedi scheda film

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La recensione su Crazy Heart

di FilmTv Rivista
6 stelle

Jeff Bridges è Crazy Heart, corpo e melodia malinconica, genere country-western, laggiù nelle pianure deserte del New Mexico, in mezzo al “nulla”. Candidato all’Oscar, lo vincerà. Non è facile infatti sfuggire allo stereotipo del cantante alcolizzato, ex leggenda folk, passato nomade, vita sentimentale bruciata, figlio e moglie lasciati marcire da qualche parte, e in più fumatore estremo, il che sugli schermi americani è più spregevole di un tossico. Bridges nelle vesti spiegazzate del texano Bad Blake evita la tentazione dell’artista maledetto, modula tristezza e tenerezza, e dà voce alle canzoni con lo stesso tono disorientato. Stella cadente davanti alle platee di una generazione che non lo ricorda più e ha eletto a nuovo divo il giovane Tommy Sweet (Colin Farrell), il suo ex allievo. La jam session per soli uomini si completa con la presenza di Robert Duvall (anche produttore) nella parte del vecchio amico dei tempi gloriosi, dispensatore di saggi consigli per conquistare la felicità, affogata in troppi bicchieri di whisky. Il regista esordiente (e sceneggiatore) Scott Cooper, attore, creatura di Duvall, che lo ha voluto accanto a sé in quattro film, non poteva volere di più. Forte della formazione al Lee Strasberg Institute, ha diretto l’orchestra di tre grandi interpreti e grazie a loro parteciperà alla Notte delle Stelle con un film che ha già vinto due Golden Globe, uno per il miglior attore e l’altro per la canzone originale, The Weary Kind (di T-Bone Burnett e Ryan Bingham). I problemi arrivano con il soggetto, tratto dal romanzo omonimo di Thomas Cobb, ammuffito refrain sul campione suonato e in crisi di età (ma Bad Blake ha solo 57 anni!) nella scia di The Wrestler e di Tender Mercies (Oscar per Robert Duvall). Uomo disilluso trova la redenzione nell’amore per la ragazza tutta acqua e virtù, in questo caso una giornalista improbabile (Maggie Gyllenhall, The Secretary), mammina amorosa di un pargoletto, al quale manca un “padre affidabile”, proprio come capita nei film del filone mucciniano. E Crazy Heart affonda nel più convenzionale dei mondi possibili, con la donna repressiva sentinella dell’ordine morale e alcolico e con tutto ciò che prevedibilmente accade.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 9 del 2010

Autore: Mariuccia Ciotta

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