Regia di Louis Leterrier vedi scheda film
Perseo, ignaro di essere il figlio di Zeus, vive con la sua famiglia “adottiva” facendo il pescatore, finché, complice una lotta all’ultimo sangue fra dei ed umani decisi ad affrancarsi dal controllo dell’Olimpo, è costretto, per dovere e per vendicare la propria famiglia, ad un viaggio avventuroso per conoscere se stesso e per salvare la città di Argo, minacciata dal mortale Kraken.
La trasposizione filmica del mito di Perseo, dopo quella non convincente ma stuzzicante del 1981 ad opera di Desmond Davis con Laurence Olivier ed Ursula Andress, stravolge i dettami della mitologia greca e si affida ad un profluvio di tecnologia digitale disumanizzante, risultando comunque poco convincente. Non tanto per l’inesattezza storica (la saga di Perseo avrebbe richiesto una lunga serie di film e quindi èra auspicabile una semplificazione della trama nella sua riduzione cinematografica) ma soprattutto per l’inadeguatezza registica, che non è riuscita a far altro che proporre un adattamento scialbo e senza mordente del mito, mettendo in risalto esclusivamente le molte situazioni prettamente guerresche, senza creare un personaggio ed una storia minimamente coinvolgenti. Leterrier avrebbe potuto fare di meglio, ma ha scelto la via più semplice e redditizia, affidandosi (vanamente) alla verve di attori di grido ma qui al minimo sindacale: Liam Neeson, nei panni di Zeus, appare doppiamente svogliato rispetto alle altre sue (comunque non eccelse) prove degli ultimi anni e sfiora il ridicolo nel suo costume fosforescente; Ralph Fiennes, nei panni di un Ade “di fumo vestito”, si limita ad una prova senza infamia né lode; Sam “Avatar” Worthington, nei panni di Perseo, fra le pause tra un combattimento e l’altro, recita battute stanche con fiero cipiglio ed un continuo aggrottamento della fronte; Gemma Arterton nei panni di Io, appare oramai specializzata nel ruolo di donna dell’eroe (lo era già in “Prince of Persia”) e, a parte il suo fisico generoso contrapposto ad un volto comunque anonimo, raggiunge livelli di inespressività direi inusitati (spero non abbia recitato così anche nell’ultimo film di Frears “Tamara Drewe”, dove è protagonista). Cosa resta, alfine, dopo la visione ? Solo la nostalgia per aver rivisto brevemente il povero Pete Postlewhite, nel ruolo del padre umano “adottivo” di Perseo e qualche buona sequenza d’azione (l’uccisione della Medusa), affogati, comunque, in una babele digitale di banalità.
Eroica.
Insufficiente.
Ombroso.
Infernale.
Lampeggiante.
Anonima.
Sacrificabile.
Scontroso.
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