Regia di Gary Winick vedi scheda film
C’è da sperare che le nozze segrete tra Franco Nero e Vanessa Redgrave siano merito di Letters to Juliet, storia della ricerca di un amore perduto. Così, almeno, troveremmo l’utilità dell’ennesimo film sentimentale strappalacrime, tanto stucchevole quanto patinato e sciatto. Sparks style, e pure copiato male. Letters to Juliet, pur schierando Amanda Seyfried, nuova musa dell’amore epistolare (in Dear John scriveva senza sosta, qui cerca l’autore di una vecchia missiva d’amore), sembra fatto apposta per irritare. Dal Gael García Bernal distratto all’Italia che dall’immaginario della Dolce Vita è passato a quello del dolcetto. Che sia vino o dessert, l’importante per noi italiani, almeno per il regista Gary Winick, è mangiare, costruire terrazze panoramiche per le nostre case e parlare con le vocali allargate. Anche se sei italiano madrelingua (tra gli attori compaiono Franco Nero, Milena Vukotic, Luisa Ranieri e Marina Massironi). L’Italia da cartolina, scadente peraltro, è colpa del successo inopinato di Sotto il sole della Toscana, di commedie come La fontana dell’amore, di Julia Roberts che mangerà, pregherà e amerà anche da noi. Tutto il resto è noia, colonna sonora compresa che in cd farà la sua figura ma qui è appiccicata malamente alle immagini.
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