Regia di Mike Newell vedi scheda film
L’esotismo da “mille e una notte” (Paul Hackett) delle sussurrate leggende d’Arabia contagia la Walt Disney Pictures e la stimola a rigenerare il suo brand: così, si passa dai selvaggi arcipelaghi tropicali dei Carabi alle “calienti” dune mediorientali (e, non bastasse, ci pensa l’irresistibile, benché pudica, sensualità di Tamina/Gemma Artentorn - subentrata in sostituzione dell’iraniana Golshifteh Farahani - a far alzare l’asticella del termometro).
Il risultato è una fusion fra I Pirati dei Carabi e Aladdin; fra spumosa acqua salmastra e dorata sabbia rovente…
Come sempre, dunque, è una questione di prospettive. Se si guarda Prince of Persia per giudicare, con la lente del critico, un’ “opera” cinematografica, allora non è arduo riconoscervi un futile, deprecabile “miraggio”, buono solo per stupire qualche imberbe marmocchio.
Se, invece, lo si guarda (come, si sarà capito, ho fatto io) come pura e semplice trasposizione cinematografica (peraltro dalla trama non del tutto infantile), di un patinatissimo videogame, godendo del vorticoso avvicendarsi di frenetiche sequenze da cardiopalmo (convulse sì, ma entro la soglia della tollerabilità), della CGI di alto livello (evidente specialmente nelle coreografie singole e di massa, nonché sul piano della fotografia e delle scenografie) e del pepato tira e molla fra i due protagonisti (ironico, ma non eccessivamente cinico; conturbante, ma mai volgare, anzi), allora non si potrà non apprezzare questo film per quello che è: una salvifica “oasi” dell’intrattenimento cinematografico, che ristora gli affaticati “viandanti” stremati dal logorio della quotidianità (più o meno) lavorativa.
Certo non un capolavoro, ma regala quel che promette: puro spettacolo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta